Una sera d'estate a Castelfranco ho un incontro ravvicinato con un amico di vecchia data, lasciato a Milano subito dopo il liceo (compagni di banco) quando rotolai nelle Marche. Ma siamo sempre rimasti in contatto e stasera eccoci qua. Lui parla, io rabbrividisco. Le faccende che mi racconta, personali e di conoscenze comuni, sono allucinanti. Lui, per esempio. La famiglia gli si sfascia davanti, è scontento del suo lavoro, incerto sul da farsi ma intanto è venuto a trattare lo spiderino di seconda mano. E dove ci andrà, penso, davanti alle scuole? Parla solo di soldi, di rogiti, di macchine, un vortice di affari spiccioli nel quale mi perdo ma sento che tratta male la cameriera, un atteggiamento che ho sempre odiato e che non ricordavo in lui. Gli dico di smetterla e allora passa ad altro. La compagna di classe del banco davanti al nostro, vista la sera prima, la predestinata che all'alba dei 50 anni si fa riconoscere l'asma quale malattia professionale, manco fosse u