Impressioni televisive.
L'Europa unita ci ha allontanato, reso più reattivi ai nazionalismi,
però ci sono dati di fatto che vanno oltre qualsiasi sciovinismo: i
francesci hanno sempre un broncio da stronzi. L'esordio della
rivoluzionaria “gol tecnology” si risolve in una figuraccia che
eccita il pubblico, perché queste tecnologie infallibili, applicate
a una scienza inesatta come il calcio, regolarmente sbagliano: un gol
non è questione di millimetri, o è evidente e allora basta
l'arbirtro (possibilmente non giapponese), oppure è discutibile e in
questo caso non si dà e allora basta il buon senso. La “gol
tecnology” invece se ne lava le mani e poi le asciuga al cospetto
di cinquanta o centomila spettatori divisi da tifo, nazionalismo,
magari questioni geopolitiche: questo non è più sport. Veniamo alle
cose serie.
Marino Bartoletti,
l'eterno aspirante (alla poltrona di RaiSport) col baffo insinuante,
ricorda sempre più un personaggio di Gian Burrasca. Tipo lo
spasimante confidenziale col vocione profondo, i modi affettati, la
bonarietà studiata, che poi, magari, esce in strada, pesta una... e
allora gli tracima il peggio dell'animo umano. Steefaaanoo
Biizzooottooo!, coi suoi canti orrorifici, con quelle scalmane in
fregola, trasformerebbe un monaco zen in un giustiziere (urge un
Rimedio vecchia scuola, anzi è già pronto). Il sito della Rai è
una scommessa pascaliana: ci vai a cercare le trasmissioni,
particolarmente quelle dei Mondiali (perché, si sa, Sky segue tutto,
la Rai il minimo sindacale, e a noi ci trattano come canoni), e ti
perdi in una foresta di gossip, notizie inutili, repliche, banner
pubblicitari, una gran confusione anonima, un non-sito, un non-luogo
che avrebbe bisogno di un perché, un restyling e una personalità:
così serve a niente. La sigla di Mina è insulsa, ma cosa le è
venuto in mente, Benedetta donna, ma perché da anni la Mina vagante
si sta battendo per bombardare a tradimento il suo sconfinato
talento? La marea di luoghi comuni, di frasi fatte, dentro e intorno
alle telecronache e ai servizi (di stampo cinegiornali Luce):
l'Italia tuttacuore, il trionfo della volontà, la partita epica,
l'Italia dei miracoli, la stampella oltre l'ostacolo (per fortuna non
il Prandelli), l'Italia che sa soffrire, l'Italia umile e operosa,
l'Italia corsara, e ora rotta per “la” Costa Rica, SuperMario
senza paura, Pirlo architetto divino, e qui affiorava un sospetto di
massoneria. Mancava solo che qualcuno, di fronte alle incertezze der
Paletta, dicesse che era roba da strapparsi i capelli. Quanto alla
Spagna, si capisce, è la fine di un ciclo, ma anche no, mentre
l'arbitro giapponese ha fornito l'aiutino ai furbetti del Brasile.
Dulcis in fundo, la colonna del commento, Beppe Dossena. Uno che, a 8
e dico otto secondi dal fischio d'inizio, se ne esce: “Questo, deve
fare l'Italia”, merita una e una notte perenne, ovvero una e una
sola cosa: l'abolizione. Senza se e senza ma.
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