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Visualizzazione dei post da luglio, 2020

V.I.P.

L'amica che non sento da una vita mi rintraccia: “Ma come, ti ribecco dopo anni, su un giornale importante, e mi sei diventato un vip?”. Lo dice tra scherzo e rimprovero, affettuoso ma rimprovero. Vip? Sì, per dire conosciuto, perfino famoso. La cosa mi lascia stranito: non è una dimensione congeniale, non per me, ne avverto tutta l'ambiguità e perfino la dimensione patetica. Cosa vuol dire vip? Che c'è più gente che mi scrive? Che qualche lettrice mi manda foto esplicite? Che mi siedo al tavolino per un calice di prosecco e al tavolino di fianco mi individuano, si mettono a parlare, mi raccontano tutta roba che so già, visto che l'ho scritta io? È questo? O un invito a una festa, roba che ormai non significa niente per me? O chissà quali frequentazioni e conoscenze, proprio io che le fuggo come gli appestati, anche perché non mi hanno mai dato un cazzo, o l'odio demente che fa da contrappeso all'esaltazione demente? Cosa è questa nuvola impalpabile che lascia
Col dannato lockdown tutti hanno scoperto che il telelavoro non è così piacevole. È distacco, illusione; è alienazione. Io già lo sapevo, è stata la mia vita per tutta la vita. L'avrò raccontato decine di volte: cominciai battendo i pezzi su una macchinetta per scrivere, regalo della prima comunione: finivo, strappavo il foglio dal rullo, lo chiudevo in una bustina carta da zucchero e inseguivo la corriera che doveva portarlo ad Ascoli: era il “fuori sacco”, che la redazione prendeva e componeva in pagina. Trent'anni dopo, posso spedire direttamente dal notebook, dal telefono, con l'email, con whatsapp, magari domani col pensiero, circondato dai miei animali e da tazzine di caffè. Comodo ma non bello. Perché io sono, rimango uomo di città, ho bisogno di respirare aria intossicata, movimento, confusione. Spostamenti. Incontri. Qui non mi è stato dato, salvo pochissime eccezioni, ricordo una volta, non so più quanti anni fa, una domenica di prima estate (e anche questo l'

MA TU SEI

Ma tu sei, tu sei Contare tutti i numeri Percorrere l'immenso Impazzire in eterno  Tu sei oltre ogni gesto  Ogni danza di cani Ogni canto di piante E preghiera e suicidio  Sei riempire il silenzio Con altro silenzio e assaporare  Una fitta assassina Tu, gioia di stiletto Perfetta in ogni cellula Tu, tutta sbagliata  Senza difetti, crudele E sai d'essere crudele Tu per soffrire meglio Soffrire oltre l'inferno  Pensando tornerai E invece proprio a quest'ora  Nell'ora di mia agonia Ridi in letti distratti Cavi, meschini e affogo Nel mio orrore riposo  Senza forza mi drogo Della tua latitanza  Che tutto rende vano Respirare pregare Restare. Sconfitto restare  Fino a sentirsi intontito  In overdose di domande Non sentire più niente Ma poi riprende, riprende  E suoni di campane Ostinate nel cielo Vulnerato che crolla Per me non voglio oltre  Navigare il mio sangue  Io non la reggo questa nudità oscura Nella gabbia della tigre, inerme Sempre meno forza, meno forza di oppor
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