L'avventura
dell'Italia ai Mondiali è scandita da teleracconti epici al cubo,
tipo l'Odissea, l'Eneide e l'Anabasi tutte insieme, poi, ogni tanto,
lo spot: Antò, fa caldo. Un caldo terribile, micidiale, assassino,
insuperabile. E giù microprevisioni del tempo e percentuali di
umidità. Come se quegli altri non giocassero alla stessa ora, nello
stesso campo. Che c'entra, gli altri “ci sono abituati”. Noi
italiani invece, come noto, siamo posizionati a un tiro di schioppo
dal circolo polare artico. Una inviata di RaiSport deve aver preso un
colpo di sole, perché ha annuniato: oggi gli azzurri si sono
allenati col fresco, c'era nuvolo, però contro “la” Costa Rica
farà caldo. Antò, inteso come Cassano, salvali tu. Intanto, era un
po' che mi scervellavo ascoltando la modesta sigletta di Mina: io
questa roba l'ho già sentita. Alla fine, eureka: non un plagio, ma
certo generosa ispirazione da un'altra sigla, quella del film “Gambe
d'oro (1958), di Turi Vasile, con Totò, Memmo Carotenuto, Rossella
Como e Elsa Merlini (musiche del grande Lelio Luttazzi). Solo che
quell'indimenticabile tema, “Uno-due-tre... io passo a te tu passi
a me... scarta, tira gol... questo è il fascino del futbòl”, era
infinitamente più fresco, frizzante, spiritoso. Dannazione, perché
sulle nostre televisioni è tutto un tragediare, un prendersi sul
serio, specialmente quando si scherza?
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