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Visualizzazione dei post da marzo, 2018

BELLE COME ERANO

Sotto casa mia stanotte hanno distrutto due piante ornamentali che avevamo piazzato per il decoro della via e anche per scoraggiare i soliti che usano la nostra abitazione come discarica. Qualcuno li ha visti, in tre o quattro, verso le quattro del mattino, sicuramente usciti da un locale notturno dei paraggi, sicuramente alterati, esaltati. La mattina scendo e trovo queste due povere piante distrutte, vasi rovesciati, la terra sparsa al suolo, una pianta sparita, gettata chissà dove, l'altra capovolta, soffocata nel suo stesso terriccio. La cosa mi ha fatto effetto come me lo fa vedere un animale torturato: le piante, esseri senzienti a loro modo, sono le creature più inermi dell'universo, non possono neanche muoversi, ma sembrano sorriderti mentre le guardi che respirano: che senso ha avuto quella distruzione così vigliacca, così gratuita? Anche in questo caso dobbiamo scomodare le solite categorie del disagio, della miseria, della mancanza di opportunità, insomma “è co

PUNTO DI NON RITORNO

Dopo Sanremo ero tornato in una forma decente grazie a una settimana di dieta di Maria Antonietta (brioches e acqua minerale), poi in altri due mesi d'inverno spietato, detto anche riscaldamento globale, sono crollato e allora ho provato a scuotermi, sono andato sulla riva a respirare un po' di polvere di mare. Più che una corsa una passeggiatina veloce, roba da prendersi un po' in giro ma anche così ero esausto. Sudavo, non ce la facevo. Tenevo duro, ma la mente insisteva: chi te lo fa fare, lasciati invecchiare sfasciandoti, tanto è quello l'epilogo, queste sgambatine da anchilosato ti servono al massimo a guadagnare un infarto. Non mi sentivo Rocky che torna sul ring a 50 anni suonati, mi sentivo un povero rottame patetico, eppure, questa è l'ironia della faccenda, devo forzarmi perché meno mi scuoto più mi rottamo. “Senza esagerare”, dice il medico che conosc ela mia anagrafe meglio di quelli che mi incontrano e, scoprendo la vera età, immancabilmente comme

HOTEL HOUSE, UN INFERNO TRA DISPERAZIONE E ORRORE

HOTEL HOUSE, UN INFERNO TRA DISPERAZIONE E ORRORE

LE MANI FORTI

Domani Tutti questi rami Non saranno più nudi Domani andremo felici Sulle nostre bici incontro al mare Finalmente amico e quel dolore Laveremo nelle onde di pace Domani ci sarà Più amore Domani comincerà davvero Una nuova vita, un altro modo Di ridere senza più paura Domani sarà tutto chiaro Sconfitto anche l'ultimo mistero Il più amaro, fiorirà un futuro Di colori in aiuole di gioia Risuonerà ancora una preghiera Sarai sicura del calore che senti Dalle mie mani finalmente forti Che non mentono intanto Che ti prendono Domani

COSI' L'ITALIA NARRA LA POLITICA...

COSI' L'ITALIA NARRA LA POLITICA...

MI SCAVA

L'ombra della notte sul vestito Su ogni macchia che scotta la pelle Tu, nemmeno tu hai mai capito Tu che ammucchi a palle i giorni miei Proprio adesso, che ora l'aria cambia Come manca sapere che ci sei Che posso ricevere il sollievo Di una tenue gravida scoscienza Orme nude, avanzi di gabbiani E mi scava il verme del silenzio Tra via crucis di supermercati Sole a picco su commissariati Su meduse di sguardi scoscesi Proprio adesso tutto torna in me Ma non riesco a tingerlo del tempo Che d'acerbità si disperdeva Ho paura se esco, se rimango Ho paura, mi credi?, della sera Dei ricordi, dell'uomo che sono Orfano di tutto, io ho paura

FABRIZIO FRIZZI, L'ITALIANO ARCI-NORMALE...

FABRIZIO FRIZZI, L'ITALIANO ARCI-NORMALE...

E' ORA

L'ora cambiava ed io pensavo: è fatta. Quand'ero ragazzo funzionava così. Anche se mi separavano dalla felicità altri due mesi di eternità scolastica, i più duri, con molte chiazze di freddo e l'estate non arrivava mai specie a fine maggio quando la città mi entrava dalla finestra con il suo carico di suggestioni nuove ma io non potevo coglierle. Le vacanze mi sorprendevano allo stremo e annottava alle dieci e presto saremmo salpati per il mare, una mattina all'alba, in un misto di eccitazione e nostalgia per gli amici del quartiere, per il quartiere stesso da abbandonare. All'epoca, perché mi pare proprio un'epoca, non eravamo “interconnessi” e i rapporti s'interrompevano come in guerra. Tutti sparpagliati tra spiagge, laghi, alture e quando tornavano dal fronte le giornate s'erano già tagliate, quel limbo settembrino era breve e struggente. In un attimo, Natale. Così ho perduto tutte le mie ore cambiate. Adesso aspetto questo riscatto della luce

IL VENTO

Io penso di te che sei tutto Che non ho avuto niente in questa vita E quel niente l'ha portato il vento Nelle pareti di silenzio al cimitero Nelle fiale d'assenzio all'ospedale Penso di te a folate, a sorsi Poi di gioia e di spavento piango Ma voglio giurare che sarà diverso Che il vento non porterà via te Perché è il vento a scagliarmi da te Perché è il vento che mi porta te Non avrò paura questa volta Ora che semi di noi brillano al sole Su ogni pianta fiorisce la tua voce Del dolore che si fa preghiera E nel vento d'ali io t'abbraccio T'abbraccio, animale tremante

NON USCIREMO MAI DA FACEBOOK, VOLONTEROSI CARNEFICI DI NOI STESSI

NON USCIREMO MAI DA FACEBOOK, VOLONTEROSI CARNEFICI DI NOI STESSI

MALEDETTA PRIMAVERA

Errore mio. Entro in una bottega e la garzona si lamenta di “questo inverno che quest'anno non finisce mai”. Credo di trovare un'alleata, errore mio, e mi metto a schiamazzare contro i ballisti del clima, contro il riscaldamento globale che non c'è. Un cliente timidamente mi dà ragione, “ma veramente anch'io nutro dei dubbi...” ma la garzona mi guarda come le avessi pisciato sulla merce: ma come, ma cosa dice, bisogna preoccuparsi il futuro dei nostri figli hanno dato la vita hanno dato la vita hanno dato la vita. Errore mio, che non calcolo il potere di condizionamento della fottuta televisione. No, guardi, rispondo, non c'è nessun futuro in pericolo, c'è solo una grande truffa nella quale siete caduti tutti. Ma quella è irremovibile, ancora più scandalizzata, ma come? Allora a ottobre? Che c'era ancora il sole? Grazie al cazzo, ottobre è primo autunno, l'ottobrata, l'estate di san Martino, le ho inventate io? Allora a gennaio? Che si andava

I DATI SIAMO NOI, PARTICELLE DI UN MONDO DI ASSURDITA' RAZIONALE

I DATI SIAMO NOI, PARTICELLE DI UN MONDO DI ASSURDITA' RAZIONALE

BR, TERRORISMO E MESTIERE DELLA VITTIMA: UN FONDO DI VERITA' C'E'

BR, TERRORISMO E MESTIERE DELLA VITTIMA: UN FONDO DI VERITA' C'E'

DA UOMO A UOMO

Stamattina mi sono svegliato che stavo litigando con mio padre, quanto potevo avere?, ultimo anno di liceo mi pare. Litigavo, una bella litigata, sana, da uomo a uomo, come non mi è mai successo in vita: prima era troppo presto, dopo era troppo tardi e lui non era uomo da mettersi in discussione. Mi sono levato carico di orgoglio, leggero, la soddisfazione di avere detto tutto, di avere chiarito tutto, da uomo a uomo, su quella cazzo di famiglia di vittime, dove tutti non facevano altro che lamentarsi, nei giorni buoni come in quelli cattivi, senza riconoscenza per il Padreterno. Ma una famiglia non dovrebbe essere un imbuto, dovrebbe essere un rifugio, dove ci si mette in discussione ma ci si protegge, ci si sorregge, senza evitare le proprie responsabilità: morale nelle cose grandi, immorale in quelle piccole. Facile a dirsi, a sognarsi! Dopo sono uscito, sono andato da mia madre che era la più anziana ed è sopravvissuta a mio padre e anche a se stessa, ma non è più lei. Cammin

ANCORA E ANCORA

Macchie di città io troverò Nei recessi reconditi del cuore E la sincerità che non mi muore La userò per cantare di te Ancora e ancora, perché voglio così Questa vita è una foglia di tempo Che il fiume della fretta porta via Una fetta di dolce troppo spesso Avanzata per stupido pudore Strade ferrate ancora caverò Dalle mie ferite più profonde Altrimenti non serviranno a niente Ma io ti debbo dire ancora e ancora Dell'amore che mi ondeggia dentro Nonostante tutto come un campo D'impotenti girasoli che Mentre vivono di luce morranno Io non so guarire la condanna Di gioire di farfalle e ombrelli Di vedere stelle dentro il salto Che nell'aria un gatto spicca e ancora E un'altra volta ancora il mio peccato Sarà non imparare la lezione Del silenzio nella distruzione Del sorriso bruciato da estati Senza mai difesa senza scampo Fermo sulle gambe già in attesa Di un bacio qualsiasi del vento Che si posi sulle cicatric

PERCHE' MORO

A quarant'anni dalla strage di via Fani e dal ritrovamento in via Caetani, una riflessione immersa nella cronaca dei 55 giorni che sconvolsero la democrazia italiana: quelli del sequestro del presidente della Democrazia Cristiana, Aldo Moro, ritrovato cadavere il 9 maggio 1978. Dopo quattro decenni, ancora tanti punti oscuri, stranezze, coincidenze torbide, mezze o false verità. Ma, su tutto, una domanda ancora non trova risposta: perché proprio lui, perché toccò a Moro, il riformista cattolico? AMAZON SMASHWORDS e su tutte le piattaforme di ebook

ALDO MORO, TUTTI I MISTERI A 40 ANNI DAL RAPIMENTO

ALDO MORO, TUTTI I MISTERI A 40 ANNI DAL RAPIMENTO

IN FONDO

Ma quando morrò voglio esser mare Voglio essere sepolto in fondo al mare Coi sorrisi, tutte le mie colpe Liquidi rintocchi di campana I miei viali sconfitti e tutto quello Che non ho saputo far capire Nell'eterna notte del fondale Non c'è spazio più per altro male Solo la spirale del disfarmi Nei tutti colori ritornare Quel mare di tempo che si assolve Si sgomenta, polvere, corrente Chi lo sa in un'alga, tra le chele D'un granchio felice, in bocca a un pesce Molecole di ciò che usavo essere Sentimento a sbattere uno scoglio Quando morirò voglio esser mare Agitato, immobile, al tramonto Culla del nuovo sole, della pioggia Che si unisce nell'amplesso d'acqua Finalmente vivo anch'io respiro Senza più malizia né coscienza Senza più ragione per odiarmi E disperare e domandarmi ancora Se c'è vita in questa vita oscura Voglio essere mare dentro il mare Come note di Bach dentro

PER CHI

25 anni di iscrizione al mio Ordine professionale mi hanno fruttato una pergamenta scrausa e l'arroganza di chi non sa spiegarmi a cosa serve questa proiezione burocratica, almeno per me. Voilà la pergamena con cui hanno celebrato i miei 25 anni di mestiere. Fa pena. Fa schifo. È squallida, un quarto di secolo a galoppare di qua e di là meritava un minimo di decenza coreografica, non 'sta robaccia da lettiera per gatti. Fa schifo perché mi è costata all'incirca 3000 euro sta cartaccia, e per cosa? Rispondete, su, voi che martedì alla riunione dell'Ordine urlacchiavate scandalizzati davanti alla mia insofferenza, voi a dire che sparavo sul pianista. Forza, compagni: a che mi è servito versare 120 euro ogni fine gennaio? Zero via zero, lo sapete benissimo. Ma state lì, col vostro finto scandalizzarvi dei corsi di formazione “che non sono a pagamento”, salvo correggervi, “a parte per i primi tre o quattro mesi, cinque euro, forse di più”. Forse un cazzo: ne chied

DITEMI

Ditemi che resta qualche cosa In questa danza di rose trafitte In questa ridda di macerie inutili Dove sono caduti i nostri sforzi Ditemi che almeno son servite Le pagaie che canoe sospinsero Non fosse altro che un precipitato D'illusioni focaie da sfregare Ditemi che qualcosa rimane In questa stanza di segni delle mani Sulle pareti che impediscono il vento Sul sentimento di chi non si rassegna Ditemi che non è ancora morto il sogno Quando ci si desta e tutto piange E il vuoto dappertutto riempie i viali Di un tempo che usava essere vivo

HO FATTO DISORDINE ALL'ORDINE

Sono reduce da una fantozziana mattinata in Ancona e vado a spiegare perché. Per la prima volta in 25 anni ho ceduto ad un invito che personalmente mi ha sempre fatto orrore vale a dire partecipare all'annuale liturgia dell'Ordine dei Giornalisti. Fatto era che quest'anno mi davano una pergamena per i 25 anni di professione, cioè per essere invecchiato versando a fondo perduto, senza dire che l'evento fruttava la bellezza di ben n.5 crediti relativi agli utilissimi corsi di formazione, per i quali praticamente basta firmare in entrata e uscita e nel frattempo si può fare la qualunque, giocare con telefono, relazioni pubbliche e, se si è fortunati, perfino copulare (personalmente ho sempre scelto quelli on line, che se non altro obbligano ai quiz di verifica prima di darti l'attestato di frequenza). Sono arrivato tardi, pagando un sangue di parcheggio, e lontanissimo perché l'incontro l'hanno fatto nel porto turistico; la sala era troppo piccola, surris

LE RISSE IN TIVU' E LA DEGENERAZIONE DEL GIORNALISMO

LE RISSE IN TIVU' E LA DEGENERAZIONE DEL GIORNALISMO

MI TROVERAI

Mi troverai nel sangue Tu come chiunque non ha voluto ascoltare La brezza di un morire incredulo Rinverdito ogni giorno nel cavo delle mani Mi troverai nei suoni del deserto Di città, sotto la coltre della sera Quando sollievo e angoscia s'innamorano E teorie d'alberi indicano la strada Che non porta in nessun posto, che rimanda Ai passi consumati mille volte Mi troverai in te stessa, lo sguardo d'un rimpianto Annientato da pietose sirene Disperso nel lampo del tramonto Che sbatte sul balcone del tuo autunno

BASTA

Ma non sentite voi come una voglia Sulla pelle dell'anima, una smania Di non starci più, farla finita Con questa cosa che ci hanno imposto di amare Questa vita che nega se stessa Questo trionfo tragico, fucina Di disillusioni, di rimpianti Questa cucina nera di dolore Non la sentite prepotente la voce Dall'abisso che vi dice “basta” Che v'implora di tirare sassi A ciò resta ai titoli di coda Non ne avete pieni i coglioni anche voi D'immondizia da buttare, spiccioli Di stagioni, diete che non riescono Autopsie di gioie sezionate Di temere l'inferno che abitate E la sera, in televisione Tutte quelle fighe che sorridono Non ne avete abbastanza di sentirvi Come cani fuori da botteghe Di dovere pietire un guinzaglio Che vi brucia sul collo, sulle piaghe Che la vita ha scavato come laghi? Non provate una rabbia feroce Da strappare ogni fede, ogni domani Ogni paternità subìta o resa E

I MARI DI DENTRO

(pt. 1) TUTTO IL MIO ASPETTARE Fiocchi di neve coprono sorrisi. Occhi vecchi d'un bianco lungo mesi. Sere senza atmosfere vanno a fondo come i miei anni privi ormai di senso, non fanno testo, non contesto, non conto. Mancheranno sempre le stazioni famigerate di binari e assassini che lasciano scie ruvide fra i treni. Viali mortali se la nebbia li assale. Rabbia che sospiri mentre sale di mefitici vortici a spirale. Salici piangenti di catrame. Cavalcavia sotto un sole di rame. Vuote domeniche nella città infame. “Dove stai?” “No, tu come stai!”, ma che parole insane se c'è niente da dire, da ascoltare tranne il silenzio-assenzio che stordisce denso sulle vie lisce di dolore. Tossici in abissi del metrò. Mosche al muro che non toglierò. Gallerie ripiene d'arpie, banchettano aborti, girotondi storti, scompigliate voglie come scaglie di sbagli che vuoi serbare cari: ma spari assurdi, suoni sordi avverti se li perdi in rettilinee sorti a tangenziale piena di una totale

OSSIGENO, AGNELLI E L'AUTOREFERENZIALITA' DELL'INDIE

OSSIGENO, AGNELLI E L'AUTOREFERENZIALITA' DELL'INDIE

MA CHE BELLA MATTINA

Esco fuori e sono nella terra di mezzo, non è passato il gelo, non ancora ma si ascolta già un sentore, una impressione, un sospetto quasi di tepore, c'è la luce, la luce di un sole risorto e si risvegliano fantasmi in me, vecchie cartoline, vecchie canzoni come nuove, anche l'odore di benzina è acceso, sa di città, di allegria, di edicola ed io so, lo so che d'ora in poi pretenderò una primavera che non c'è, si nasconde, si nega, rinnega, torna fuori, mi lascia con un palmo di naso ma l'importante è che presto o tardi arriva, oramai giunge e non può più dissimularsi, l'importante è questo bagliore eterno e fresco, prima viene la luce e poi il calore, e le promesse di una delusione ma io mi risento vivo, intanto vivo, per un attimo dimentico tutto, un altro inferno è ucciso e me lo scrollo dalle spalle, ma che bella mattina, il cielo è sereno, qualche cosa dentro sorride, tristemente se vuoi ma a testa alta, con gli occhi storditi di felicità, sorride e no

DISABITATO

Ora che le mie notti bastarde Sono immani e le aurore più smorte Tutto gocciola con un ritmo in levare Tutto di me, della mia storia estenuata C'è come un senso di precario, guasto Fa spavento misurare il vuoto Resta la metà di ciò ch'è andato E cercarsi nel tempo dirotto E' trovare mani gocciolanti Lampo d'un incanto, m'hai sedotto M'hai acceso di te su schermi insani Tu m'hai illuso, però io sapevo Gravido d'un Dio disabitato Sono tornato a casa, nevicava Dentro gli occhi, non c'era acqua calda Niente da mangiare. Ho rotto specchi Gocciolando mi sono riavvolto Nella morte d'ogni eternità

MACERATA, FEUDO LEGHISTA EMBLEMA DELLA DISFATTA DEL PD

MACERATA, FEUDO LEGHISTA EMBLEMA DELLA DISFATTA DEL PD

FATTO COSI'

Forte più di me, di te, di noi E' quello che ho in mente, interferenze D'ansietà mi portano alla morte Mangio me. Non farò mai senza Quale amore potrà farci niente Io mi voglio sfondare Sì, voglio tornare dentro al marcio Voglio provarti ancora e ancora e ancora Non importa di cosa sei fatta E di cosa sarò fatto io Voglio tornare indietro a riscattarti Perché l'altra volta non potevo T'ho lasciato lì e non m'è piaciuto Poi ho mentito. Ho detto gli do un taglio Che avevo deciso e che uno sbaglio Non lo avrei più scelto per l'amore Del mio cielo, di chi mi è vicino T'ho lasciato lì ed è stato peggio Morto arrugginito nel ricordo Nel rimpianto di non essere io Perché voglio sfondarmi, non c'è santo Che tenga, sono fatto così E più sarò fatto se ti trovo Abituato sempre a sanguinare Dalle mie fontane di follia Non è colpa mia se ho questi geni Se il mio sangue lusinga i veleni Fango e medicine mai a

ASSENZIO

Son venuto a trovarti nella sala Quante gente eppure c'è silenzio Chi guarda un giornale, chi la tele E chi conta le gocce d'assenzio Fuori c'era un sole radioattivo C'era il mondo con le sue ferite Sullo sfondo un coniglio cattivo E un grappolo, figlio della vite Sorridevi senza dire niente Io che mi sentivo un po' marziano Si sentiva il tempo gocciolante Sorridevi guardando lontano Ma cos'è, che senso ha più l'estate Di te stesso se sei prigioniero Anche stare qui, gialle pareti Ma vedo un immenso mare nero Ricamare tende di dolore Con pazienza, dimmi fino a quando Biciclette, è un cappello la sera Un'udienza di bandiere al vento C'era un tempo di amore e di rabbia Una fidanzata e un doppiopetto Ora è solo sapore di sabbia Tutta in bocca quando si va a letto Son venuto a trovarti un mattino Tu non c'eri, non c'era nessuno Una danza ha lasciato una ciocca Ecco tutt

UNA DI QUESTE SERE

Lei è appesa a una bellezza a scadenza Il suo computer perde i pezzi e mente Lui non ha più riscatti, solo scuse Ogni notte si arrende in una stanza Cosa faranno, una di queste sere Quando sui rami torna primavera? Lui sta giocando una brutta partita Di quelle tutte vincere o morire Lei cerca di confondere le tracce Niente frutti in tasca, solo bucce Cosa faranno di quelle paure Senza più gli avanzi di un amore? Lei non ci stava, ha perduto il lavoro E la strada è un deserto di orrori Lui ha mani che tremano, non ha Neanche i soldi per levarsi il dubbio Come faranno quando viene sera E la rabbia lascia posto al buio? Tutti per esistere si vestono Escono fuori, lavorati ai fianchi Dalla ressa che essi stessi sono Stretti in un vagone, bianchi insetti Lei è arrivata all'ultimo giro Sta pensando di farla finita Lui si sopravvive senza vita Niente più canzoni nel suo cuore Che faranno, una di queste se