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A MILANO SI SBROCCA


Una sera d'estate a Castelfranco ho un incontro ravvicinato con un amico di vecchia data, lasciato a Milano subito dopo il liceo (compagni di banco) quando rotolai nelle Marche. Ma siamo sempre rimasti in contatto e stasera eccoci qua. Lui parla, io rabbrividisco. Le faccende che mi racconta, personali e di conoscenze comuni, sono allucinanti. Lui, per esempio. La famiglia gli si sfascia davanti, è scontento del suo lavoro, incerto sul da farsi ma intanto è venuto a trattare lo spiderino di seconda mano. E dove ci andrà, penso, davanti alle scuole? Parla solo di soldi, di rogiti, di macchine, un vortice di affari spiccioli nel quale mi perdo ma sento che tratta male la cameriera, un atteggiamento che ho sempre odiato e che non ricordavo in lui. Gli dico di smetterla e allora passa ad altro. La compagna di classe del banco davanti al nostro, vista la sera prima, la predestinata che all'alba dei 50 anni si fa riconoscere l'asma quale malattia professionale, manco fosse un minatore anziché un notaio: girerà soavemente il mondo per imparare lingue esotiche. La ex della vita, quella rimasta dentro, la quale a 48 anni vive ancora coi genitori e frequenta uno di 70. L'altra ex, quella stagionata, la megera inspiegabile che si credeva una fuoriclasse della medicina (e teorizzava licenza di uccidere per i camici), che passa di toy boy in toy boy e davvero ricordandomela (dieci anni fa) è un mistero, ma non ce l'hanno questi intrepidi una dignità almeno estetica, erotica? L'altro ancora, il gran simpatico, il gran burlone che per festeggiare i 50 anni fa una festa dove invita tutte le ex al solo scopo di sputtanarle sulle attitudini sessuali. Castelfranco è bellissima ma non mi salva da una serata lugubre, non mi pare possibile che la mia generazione si sia ridotta a un simile squallore e alla fine mi rifugio in una consolazione da poco: se questa è Milano, se questo è il suo ceto borghese, ormai più vicino appunto alla pensione che all'espansione, molto meglio averla lasciata dov'era trent'anni fa. Non sarei diventato come loro, questo mai, del resto già all'epoca mi chiamavano simpaticamente “il terrone”, che era un modo per farmi capire l'estraneità alla loro razza. Ma di gente che tira avanti a psicofarmaci e compromessi, non saprei che farmene. Torno in albergo e penso che la vita non mente e alla fine ci aspetta tutti al varco: eravamo proprio inconciliabili. Terrone saltimbanco io, ma le mie avventure, i miei incontri, il mio coraggio erano lì, pronti a esplodere, avrò preso la strada più contorta ma la mia storia è di un altro pianeta. Sono cambiato mille volte, ho maltrattato la mia anima, mi sono sempre rimesso in discussione, loro invece li sento, li vedo grottescamente uguali a quando erano ragazzi, giusto qualche ruga e qualche vizio in più. Vecchi bambini pieni di cicatrici che non insegnano niente. Vale più un giorno mio che una vita vostra, cari.

Commenti

  1. Gli incontri con i vecchi compagni di scuola hanno sempre qualcosa di triste e patetico, spesso meglio evitare, meglio non rivangare nel passato!

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  2. perchè non hai citato pure il sottoscritto che vive nel 1805 e passa da una rievocazione Napoleonica a un ballo della Jane Austen Society, s'impersonifica in Mr Darcy, frequenta Paolina Bonaparte e Ortense de Behaurnais ?
    comunque secondo me tutto il mondo è paese...mica tu sei quello sano, mi consenta

    Davide, Milano

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    1. quanto ha ragione: io ci vivo tuttora, a Milano, per necessità (dove trova un altro lavoro uno di 58 anni) ma ogni giorno che passa provo una stretta di nostalgia per la Milano degli anni '70 ed anche per quella degli '80. Mi mancano la buona creanza, il rispetto per il lavoro degli altri, la voglia di conoscersi, la garbata gentilezza del bigliettaio del tram o il sapido sarcasmo del venditore di wurstel in piazza Beccaria o in piazza Santo Stefano, mi mancano le scritte di c.t. e la birra da Scoffone, ma mi mancano anche l'Obraz ed il Teatro Lirico, la vecchia Comuna Baires e Fo in via Colletta e mi manca tanto l'odore della nebbia. Basta così perchè sto diventando quasi stucchevole, mi scusi per questo mio piccolo sfogo. Grazie per l'ospitalità.
      Antimo da Milano

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    2. Tutto è questo commento meno che stucchevole.

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  3. Non è questione di Milano, è questione del tempo che passa. La cosa peggiore, è la cameriera trattata male. Sono solo incerto se si tratta di teste di cazzo fin da bimbi e poi sbocciate , o di bimbi che hanno tradito sè stessi, e sono diventati teste di cazzo.

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  4. Sono l'amico di vecchia data sopracitato e intervengo solo oggi perché solo oggi ho letto il pezzo. Conosco Massimo dal 18 settembre 1978, primo giorno di quarta ginnasio al Carducci. Qualcosa avrò imparato in questi 36 anni di frequentazione pressoché ininterrotta, eppure Massimo riesce a stupirmi sempre, per il suo adorabile e poetico modo di distorcere la realtà. Non è mia intenzione contestare punto per punto quanto sopra esposto, riguardante me o altri, sai che palle... Dirò solo che ho fatto 500 km. per stare insieme a Massimo una sera - mi aveva addirittura ingolosito, dicendomi che avrebbe tenuto uno dei suoi reading (su quale tema, Massimo? Risposta: sulla Crisi), che li ho fatti volentieri ma che adesso sono un filo deluso da quello che ho letto.

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    1. Non posso che confermare quanto ho scritto (e non è neppure tutto): con molto più che un filo di delusione.

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