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Visualizzazione dei post da ottobre, 2017

PER SAN GINESIO

Da vedere, cosa può diventare un festival musicale ricavato da un tendone della protezione civile dove è stata concepita la chiesa. Abbiamo trasformato uno stage nella capanna di Betlemme (o viceversa?) e la gente si è raccolta, s'è commossa, ha ballato, ha esultato con Hiroshi, Amaury Cambuzat, Killing Cartisano, The Niro, Andrea Franchi, Paolo Benvegnù, Il Parto Delle Nuvole Pesanti, Radiodervish. Andavano, venivano. Mangiavano. Tornavano. Si abbracciavano. Altre lacrime, non più quelle di un anno fa. È stata una festa lunga una giornata e non poteva riuscire meglio, siamo contenti, Simone Tardella ed io, perché è così che ce la eravamo immaginata; forse nemmeno, forse è stata anche più bella. Quello che non saprete, è che avevamo cominciato a pensarci appena finito #ancheiosonosanginesio. Quello che non saprete, è la fatica gioiosa di sempre, di Simone e mia. Quello che non saprete sono gli incontri, le confidenze, le promesse con questi artisti amici, che mi fanno sentire

RIFRITTURA SANREMESE

RIFRITTURA SANREMESE

SENZA GIORNO NE' NOTTE

Stamattina t'ho portata in cammino fino alla finestra, e oltre, nel sole estivo del tuo compleanno, di questa fine ottobre che pare fatta apposta per ristorarti, farti piangere di stanchezza e di sollievo sulla mia spalla che non capisce, non sa decidere se sia un momento meraviglioso o atroce. Ma io sono stanco, forse più di te. Mi sento addosso, forse più di te, le settimane senza respiro in una vita senza scampo, dove niente basta mai, dove l'apnea è condizione genetica, stasi esistenziale; è fatale. Sono stanco, non voglio continuare. Non voglio camminare io, e non voglio confessarmi. Non più. A nessuno mai più. E nessuno voglio raggiungere ormai, tutto mi pare estraneo, tutti sono al di là d'una lastra dove scivolano sguardi, compassioni, comprensioni; parole. Non c'è significato nel mio eroismo straccione e non c'è nella mia meschinità comune, non c'è gloria in questo resistere più di quanta non ne alberghi nella resa. Ho esaurito i perché, sono a sec

X FACTOR LIVE, PRIMA PUNTATA

X FACTOR LIVE, PRIMA PUNTATA

ANNA FRANK, GLI ULTRAS LAZIALI E LA SPERANZA TRADITA

ANNA FRANK, GLI ULTRAS LAZIALI E LA SPERANZA TRADITA

UNA STRONZATA CHIAMATA "LIBRIAMOCI"

Come ogni mattina sono da mia madre a occuparmi dei gatti quando dalla finestra mi sale gran schiamazzo, ma cos'è? È l'ennesima trovata scema d'un burocrate, questa consisterebbe nell'infilare ai ragazzini una atroce maglietta ministeriale, corredarli di libercolo corroso e lasciarli bradi all'aria aperta: risultato, senti che titolo polveroso di stalle Miur, “Libriamoci - Giornate di Lettura nelle scuole”. Naturalmente non legge un cazzo nessuno e tutti si rincorrono nel generale casino. Scendo, una maestra triste mi supplica, “non vuole ascoltare qualche racconto dai nostri bambini?” la guardo, odio i bambini, le scuole, le maestre sfiorite dalle zanne gialle, la burocrazia demenziale, le ministre diplomate alle serali che riscaldano le solite minestre, rispondo che ho un'emergenza ospedaliera ed è vero ma quella non mi crede, è chiaro, mi odia con lo sguardo, l'abbandono ostaggio della stolidità didattica. Siete patetici, ed è palese che state sbagli

IL REFERENDUM E LA QUESTIONE SETTENTRIONALE

IL REFERENDUM E LA QUESTIONE SETTENTRIONALE

QUESTI OCCHI

Questi occhi tradiscono stanchezza, sofferenza, e una disperata voglia di sorridere. Non darla vinta alla vita. Sono sguardi di ragazze sole, di uomini superati, di gente sconfitta, che ha osato, ha sbagliato o semplicemente troppo buona. Troppo fragile per difendersi. Peggio ancora, incolpevole capro espiatorio, capriccio del caso cieco. In teatro (quando mi chiamano) mi piace portare piccoli eroi passati per ingiustizie, traumi, prove inaudite: davanti ad altri occhi, le loro ferite si fanno spettacolo, non nel senso che di solito si usa, quello della televisione, delle lacrime che fanno mostra di sé: sono, invece, spudorati cedimenti, eccessi di sincerità, fragilità senza alibi. Sono squarci di fiducia. È il dolore che non perde dignità, anzi la raggiunge mentre si confida... (da " C'ero una volta ")

FARO 38/2017

Complici. Vedi alle voci: stragista americano, colpa delle armi, del Trump. Complici. Di Cesare Battisti, quelli morali, ma non meno discutibili: vi racconto la storia incredibile, tragica, commovente, di una vittima vera (del Battisti): Alberto Torregiani, così come l'ho conosciuto, frequentato. Complici: di una assai presunta ripresa, già strozzata in culla con le solite manovre criminali di uno Stato che uccide chi ha ancora la forza di lavorare. Complici: ma è proprio vero che, dove circolano meno armi (già: dove? Sarete sorpresi...), succedono meno stragi? Inoltre: un ritratto fuor di penna di Mina, sempre la meglio. Infine: complici. Sì, ancora quelli, i firmaioli di Battisti, oggi rinnegati da se stessi, possibilmente in silenzio. Un'altra squallida storia italiana.  

X FACTOR HOME VISIT, LE PAGELLE

X FACTOR HOME VISIT, LE PAGELLE

RENZI E LA FAVOLA DELL'ABBASSAMENTO DELLE TASSE

RENZI E LA FAVOLA DELL'ABBASSAMENTO DELLE TASSE

UN UOMO CHE NON C'E'

Sarà quest'ottobre di sole, sarà che un amico mi ha appena mandato un paio di canzoncine del liceo. Sarà che me ne andavo trentatré anni proprio di questi giorni, ma non ho mai avuto così nostalgia per il mio posto. Stavolta non esistenziale, tutta sociale ormai: meritavo io di stare lì, quella era la mia cornice. Quel fantastico luogo, al 4 di via Carpi, su piazza Gobetti, in esito di una via malinconica e lucente, scandita dagli alberi, un condominio che da un fianco ha una banca, dall'altro una cappellina quasi privata. Di quei luoghi che la città può anche imbruttirsi in certi passaggi, ma restano belli, resistono e prima o dopo tornano meravigliosi. Talmente ben concepiti che nessuna miseria più annullarli. Entravi, varcando la portineria ampia, elegante e per raggiungere il tuo lotto, terzo di tre, collegati da vialetti, tante piante, gl'innaffiatoi che sbuffavano acqua di frescura che a sentirla dal balcone ti cullava, i globi che s'accendevano la sera e pot

ELIO E LE STORIE TESE, UNO SCIOGLIMENTO TARDIVO

ELIO E LE STORIE TESE, UNO SCIOGLIMENTO TARDIVO

LA VIOLENZA CINGUETTATA

Basta poco, che ce vo'? Ti inventi un hashtag idiota, ti tingi i capelli di un colore telegenico e cominci a pontificare da tutti i canali: è il quattro-punto-zero dell'ormai appassito “corpo delle donne”, la nuova consapevolezza rosa per cui oggi le violenze si denunciano, anzi si confessano, cinguettando su Twitter. Con prudenza, volendo senza nome, né riscontri, basta l'hashtag, e in modo very soggettivo, opinabile: “anche uno sguardo, un complimento al momento sbagliato, può essere un trauma”. Così, dopo la calura abbiamo anche la violenza percepita. Ma non è una cosa seria, questa trovata del #quellavoltache: è una fregnaccia occidentale, l'ennesima, per mettersi in mostra: chi uno stupro l'ha subito, non lo cicala, lo denuncia se ha la forza, il coraggio, altrimenti lo tiene dentro e il segreto fa marcire. Perché bisogna sempre buttare tutto in buffonaggine? Perché ha i suoi vantaggi, ecco perché: conviene a chi l'ha escogitata (eccola lì, col sorriso a 1

CESARE BATTISTI, LE SENTENZE CHE SMENTISCONO

CESARE BATTISTI, LE SENTENZE CHE SMENTISCONO

LUCIO BATTISTI, CON MASTERS E' LA PRIMA VOLTA

LUCIO BATTISTI, CON MASTERS E' LA PRIMA VOLTA

X FACTOR, BOOTCAMP 2

X FACTOR, BOOTCAMP 2

FARO 35-36-37 / 2017

Faro 35. Alla rovescia vuol dire che chi ha sempre invocato accessi illimitati oggi invoca prudenza; che chi insiste che i ghiacciai si sciolgono deve fare i conti con l'ispessimento dei ghiacci; che chi giura che il pianeta si scalda (per ragioni umane) deve constatare la frode dei centri di ricerca, dei modelli matematici, delle false risultanze; che chi odia chi non ce la fa più, dovrebbe mettersi nei panni di chi non ce la fa più (e la cronaca lo smentirebbe ogni giorno); che, sugli stupri di Rimini, la priorità non è “essere comunque di sinistra”, è che questi stupri cessino (non solo a Rimini e in altri cento altrove); che chi invoca democrazia, poi dovrebbe anche ricordarsi di praticarla, ogni tanto – e non con metodi dittatoriali; che bisognerebbe aspettare “un attimino” prima di scattare, “non è terrorismo” dopo ogni bombetta, altrimenti si rischiano figure barbine e barbone; che se una capitale affoga perché non hanno sturato i tombini, ogni altra questione va

ALDO BISCARDI, ALTRO CHE EROE...

ALDO BISCARDI, ALTRO CHE EROE...

MA C'E' QUALCOSA CHE NON SCORDO

Il terrorista, balordo e pluriassassino Cesare Battisti ha ragione di brindare in faccia ai fotografi: l'ha fatta franca un'altra volta, i suoi protettori sono sempre attivi. Del resto, farlo rientrare per ritrovarcelo da Maurizio Costanzo, su sei o sette fogli a pontificare, perché no candidato politico, ché una scappatoia si trova sempre? Io, piuttosto, ripenso a quanto mi era costato attaccarlo, raccontarlo nel 2004: tutto il credito accumulato in sei anni di lavoro al Mucchio, evaporava di colpo. Quasi tutti, dentro, fuori, intorno a quella testata, si rivoltavano, chi perché non aspettava altro, chi per un altro genere di bassezza morale, tutta ideologica. Ma c'erano anche gli opportunisti che potevano unire le due cose. Per anni ho dovuto difendermi, sempre più solo, completamente solo, da attacchi che arrivavano da ogni parte e dei quali era difficile non ricostruire l'origine, ma dimostrarla sì. Digos e Polizia Postale mi convocavano e poi mi dicevano, abbi

PICCOLA ODE MUNICIPALE

Cos'è che mi manca maggiormente della città dopo 35 anni che l'ho lasciata? Direi la dimensione pubblica, municipale, il senso di una appartenenza che non era campanilistica, che poteva ricondurre ad unità il gran casino di umani a scavalcarsi e attraversarsi, sempre più disumani. Qualcosa che, con la globalizzazione postindustriale e neocapitalistica, forse sarà sparita - a Roma non sopravvive che degrado, vergogna senza vergogna - ma che io riesco ancora a percepire, forse per forza di nostalgia, ogni volta che ci torno. Sempre più a fatica, ma ancora ci riesco. Anche per sottrazione, mi pare, per contrasto: nei posti piccoli, dove sono ormai confinato a vita e da una vita, un ubi consistam comune, spartito, non c'è mai. C'è quel prolungamento della sfera privata, le seggiole davanti alla soglia, che seduce i poeti ma è la negazione feroce di una condivisione: se qualcosa è mio oltre la mia proprietà, finisce inevitabilmente per cozzare con il tuo, il suo che riv

M5S, EMBLEMA DEL LOCALISMO PARANOIDE ALL'ITALIANA

M5S, EMBLEMA DEL LOCALISMO PARANOIDE ALL'ITALIANA

X FACTOR 2017, BOOTCAMP

X FACTOR 2017, BOOTCAMP

PIPER ALL'ASTA: LA STORIA DI UN LOCALE DIVENTATO MITO

PIPER ALL'ASTA: LA STORIA DI UN LOCALE DIVENTATO MITO

ORFANI DI UNA CANZONE

Mi prendo dieci minuti di tregua e li spreco in una considerazione futile, forse soltanto all'apparenza. T'inoltri per un mattino peraltro splendido, d'un divino autunno estivo, sai che t'attendono momenti ladri, faticosamente vani, anche tragici: e ti rimbomba una canzonetta come “il Triangolo” di Renato Zero, sei ammattito? Eventualmente, o magari posso divagare per il potere della gioventù, le Madeleines proustiane e tutti i cazzi che dentro ci vuoi mettere. Propendo per una e una notte, soltanto, della weltanschauung: noi, poveri mortali, abbiam bisogno anche, direi soprattutto, di canzonette allegre di finta leggerezza; che ci scortano, confortano, ci tengono compagnia, ci tengono in piedi: se, al loro posto, mi dai la rottura di coglioni di un improponibile Zerovskij, che ci faccio a parte tendere al suicidio? D'accordo, non è che posso aspettarmi sempre Triangoli, Baratti, Cieli, Tue Idee, perché, ha ragione Mara Maionchi, ha ragione da vendere, i Pintuc

TOM PETTY, ROCKSTAR TIMIDA CHE CANTAVA LA NOSTALGIA

TOM PETTY, ROCKSTAR TIMIDA CHE CANTAVA LA NOSTALGIA

UNA VOLTA

Vorrei una volta anch'io Vestire come un uomo Rimettere i miei pezzi Dormire fino all'alba Vorrei una volta anch'io Guardare in faccia il sole Sentire il suo sapore E non aver paura Vorrei una volta anch'io Non sentire rumori Di lacrime, di fiori Di bisogni e di sogni Vorrei una volta anch'io Prescinder da me stesso Da come sono atteso Dall'abisso ch'è in mezzo Vorrei una volta anch'io Muovere a tenerezza Abbassare le armi D'improvviso e fermarmi Vorrei una volta anch'io Dare ascolto al silenzio Quando infinite voci Danzano per la stanza Vorrei una volta anch'io Rincorrere un pallone Essere il goleador Senza sentir dolore Vorrei una volta anch'io Non chiedere alle stelle Cosa ci stanno a fare Quale sia il loro senso Vorrei una volta anch'io Provare il gusto denso Della felicità Prima che si ribelli Vorrei una volta anch'io Salire le mie scale Senza se

VITA DI TENEBRA

Uscendo dal turno in ospedale la domenica sera passo davanti a un chiesa e ci sono i cattolici che escono e li invidio, rimpiango quando ero anch'io dei loro e potevo aggrapparmi a qualcosa per andare avanti. Adesso non ho niente, non c'è rimasto niente e sempre più inevitabile avverto il disgusto per questa vita che mi sono scelto, che mi ha scelto, che è l'unica rimasta ma non la vorrei, non serve a nessuno, me per primo questa vita di tenebra. Cosa è mai questo solipsismo demente, questa illusione da alienati, queste ventate di parole che volano via subito, soffiate da nuove parole inghiottite nell'oblio? Più invecchio e più mi pesa questa esistenza circolare, questo incantesimo che non so più difendere. Con tutte le cose che potevo tentare. Proseguo sulla Vespa e mi risuona forte l'invocazione atroce di Caterina, la figlia di Saviane, “Per chi scrivi, padre mio, che tutti ti odiano e parlano male di te?”. Capisco che è tutto qui, un disperato narcisismo che