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RIDATECI UIBEUI' Diario scemiserio del Mondiale brasileiro

Ci siamo, finalmente si comincia, così poi non ci si pensa più, era dalla magra in Sudafrica che aspettavamo. Il Mondiale brasileiro ha reso la nazione ospitante molto simile all'Italia: mazzette, scandali, sprechi, ritardi, politica arraffona. Con l'aggravante della polizia che fa pulizia etnica non solo nelle favelas, ma in ogni focolaio di scontento per l'immenso Paese. Allora, compagna Dilma, compagno Lula, quando la facciamo la rivoluzione? Presumibilmente dopo i Mondiali, che la squadra padrona di casa deve vincere e vincerà, altrimenti la rivoluzione la fa el pueblo imbestialito. Quanto all'Italietta, siamo già in tragifarsa: Prandelli non sa che pesci, cioè che calciatori, pigliare: e quello ha il mal di pancia, e quell'altro è indisposto, e Balotelli invece è disposto a impalmare l'attuale fiamma, almeno fin che non torna a casa. Questo sì è uno scoop, miracolosamente elargito all'intero villaggio globale. Ma chi l'avrebbe detto però: un tempo ai Mondiali si dissertava di moduli, formazioni, tattiche: oggi di anelli di fidanzamento. Va' a quel paese, Balotelli, tu e la tua agenzia di comunicazione, e restaci finché non avrai siglato una tripletta, e non con la fidanzata. Il morale comunque è alto, dice Pirlo, che con quella faccia un po' così, quell'espressione un po' così, par sempre che dorma: “Possiamo vincere”. Commenterebbe Fichte: l'uomo è ciò che deve, se dice non posso, è segno che non vuole. A Napoli, nel frattempo, un colonnello della Finanza, dalla faccia da soap opera, voleva pure lui e intascava a manetta, e nel pacchetto erano comprese le gite in barca coi calciatori della squadra partenopea. Coraggio, che se esce un bello scandalo pallonaro poi si vince di sicuro, Pirlo o non Pirlo.  

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