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Visualizzazione dei post da novembre, 2012

QUELLO CHE CI MANCA

Tutti i miei suicidi, i tuoi suicidi Pioggia calda, mi rovescia addosso Cani, ombrelli, giocattoli sciolti Nella sera che scotta la pelle Asciuga le rughe di restare Inchiodato a un semaforo giallo Troppe facce senza più coraggio O smargiasse che mi porto addosso Cancellano una piccola stella Del mattino nata per brillare Accendendo i fiori di silenzio Frottole nei vicoli del male Trottole rubate all'ospedale Incubi danzanti oltre l'abisso Non posso pensare ch'è la mia L'afasia di vetro di un estraneo Quasi a tutto quello che respira Mille suoni che mi porto addosso Le stagioni che mi sento addosso Tutti i miei suicidi, i tuoi suicidi I vincenti che non siamo stati Certamente siamo abituati A un dolore che è meglio di niente Ma ti amo per quello che guardi Fossero soltanto fiori morti Non mi è mai lieve la notte, sai Io vorrei provare a dirti tutto Perché non m

SATISFACTION GUARANTEED

A 70 anni, ancora il sabba. Niente può eguagliare questa roba. Satisfaction messa come terzo bis, alla fine di 150 minuti di concerto infuocato. E Richards che non aveva mai fatto assoli così sfreccianti, quasi claptoniani, chissà cosa gli hanno fatto a quelle benedette dita piegate dall'artrite reumatoide, che non potevano muoversi più. Chissà cosa gli hanno fatto in quella mente tenuta insieme da 7 placche di titanio, dopo che si era spappolata non sapremo mai davvero come. Dice l'esimio luminare professor Veronesi che non ha senso dare l'ergastolo a un delinquente perchè dopo 20 anni il cervello si rigenera completamente e lui non è più quello. Stocazzo, professore. Keith si è si rigenerato, ma fortunatamente è sempre lo stesso, anzi è tornato quello di prima, e l'ergastolo se lo sarebbe anche meritato, svariate volte nella vita, ma per fortuna non gliel'hanno dato ed è ancora qua a dirigere il sabba. Hanno insegnato al mondo come essere giovani, adesso

IL LIBRO DEGLI INCUBI

Dite quello che volete, celebrate pure Bersani e le sua pseudodemocrazia da finte primarie, mandatelo a Porta a porta a lacrimare a copione, pensando non tanto ai genitori quanto a palazzo Chigi che lo aspetta, constatate il nuovo orientamento di Vespa che è sempre il primo ad ufficializzarle, certe cose (con buona pace delle elezioni che servono a far ratificare ai cittadini decisioni già prese nelle segrete stanze), rilassatevi pensando che il berlusconismo è morto, che torna la politica presentabile, quella di sinistra, quella dei Bersani, dei Penati, dell'Ilva e del PD, dei compagni bonari che vogliono gestire l'UE “come una cooperativa socialista”, che vogliono più di tutto per tutti, e soprattutto più diritti, anche se tralasciano di spiegare come, che tanto l'economia per loro è una cooperativa. Dite quello che volete, battete le mani, ovazionate, ballate e cantate, stappate bottiglie di vino, giocate a carte nelle cooperative socialiste, nelle banche, nelle acc

LA MALATTIA CHE SONO

C amminavo da solo, questo pomeriggio, a testa bassa, in un viale nemico, come spesso mi accade. Camminavo come un rassegnato, come un deportato, senza sapere chi ero e neppure se c'ero. E tutt'a un tratto ho capito. È proprio questo non sentirsi esistere che uccide. È da qui che ci si comincia a perdere, a chiedersi se è colpa tua o se sei stato strumento, vittima, occasione. Beffa. Non sapere più chi si è, chi non si è, chi non si è mai stati, cosa essere a fare e se a qualcuno importi. Se abbia un senso tutto questo silenzio che è diventato il mio specchio. Il mio unico specchio. E ti dicono che hai coraggio ad ammetterti così. Ma quale coraggio può servire a chi sta oltre la disperazione, scoria della volontà, somma dei suoi rifiuti e dei suoi sbagli? Voglia di dormire, sempre, e non riuscirci mai. L'infermo che nessuno vede cammina, da solo, a testa bassa, mentre annotta, troppo stanco per qualsiasi domanda. Vergognandosi di ogni suo momento. Di ogni sorriso. Te

A SINISTRA RISPONDE IL VELENO (2)

La malafede di quanti sostengono di avere a cuore la democrazia, il pluralismo, la libertà, si misura nella vicenda Sallusti: per il quale non dev'esserci pietà, visto che, come scrive Travaglio, lui e la Santanché sono Olindo e Rosa, due orchi che hanno sterminato una famiglia con tanto di infante. Gli altri ci vanno più di fioretto (bella forza) ma non con minore malignità. Altro che solidarietà tra colleghi, Sallusti deve marcire in galera, non ai domiciliari nella villa dell'amante: perché se lo merita, perché ha quella faccia lì, perché è un servo di Berlusconi, perché dirige il Giornale che è una fabbrica di falsità. Osservare che anche i giornalisti progressisti o estremisti hanno le loro brave condanne, le loro oneste nefandezze sulla coscienza, non serve: gli stessi che danno della merdaccia bugiarda al nostro Nosferatu, nel segno della solidarietà totale con i giudici, dicono che le condanne dei loro prediletti sono medaglie al valore, tentativi di intimidirli,

A SINISTRA RISPONDE IL SILENZIO (1)

Lui, altro che Primarie Due esempi, il sec ondo lo metto nel pomeriggio, di doppia morale a sinis tra, che in queste ore rifulge più scintillante che mai . Escono mail e telefonate imbarazzanti su due pezzi grossi della sinistra, Bersani e Vendola, a proposito dell'Ilva, il falansterio velenoso bersagliato anche dalla sorte meteorologica, dove si vede il mondo alla rovescia: i sindacati che scioperano contro la chiusura, i lavoratori che vogliono lavorare e ce l'hanno anche coi giudici, le problematiche della salute e dell'ambiente che scivolano in secondo piano rispetto all'esigenza di un salario qui e adesso e si può capire. Come si può capire l'azione dei giudici, che non possono voltarsi oltre dall'altra parte se è vero come è vero che a Taranto si muore, che di Ilva si muore. Il solito groviglio tossico all'italiana, dove le ottime ragioni da ogni parte collidono in una tempesta di schegge drammatiche, spesso tragiche. In un simile scenario, esc

REPARTO ORTOPEDICO

La mia ottantenne madr e in un momento di noia s'è tuffata per la strada rompendosi tutta: reparto ortopedico. Il reparto ortopedico è un'esperienza surreale, che tutti dovrebbero fare almeno una volta nella vita. Per forza di cose è il reparto più decrepito dell'ospedale, in gran parte femminile. Tutto un ossario vivente di vecchie che si sono praticate le mutilazioni più impensabili, mi ha detto il primario: “Io a volte rimango affascinato, neanche i trapezisti al circo!”. Tutte si lamentano molto, perché, ci mancherebbe, le ossa rotte sono un dolore atroce e in più l'età non fa sconti. Però, tra un rantolo e l'altro, trovano il fiato per i pettegolezzi più meschini: “Ma poi il dottore quello che je metteva le corna, l'ha lasciato la mojeeee?”. Lo urlano a livelli da lobotomia perché sono tutte sorde. Fanno anche a gara di fratture: “Per me adè la quarta!”. “Io è 16 volte che me ricovera!”, e non si capisce come mai i sanitari non abbiano provveduto pe

ASPETTANDO IL 2013, L'ANNO DELLA ROULETTE RUSSA

Monti, dunque, ha parlato. Ha detto che la sanità pubblica non è più garantita e che quanti ulteriormente impoveriti da lui farebbero meglio a garantirsi una pensione privata, tipico esempio di macabro umorismo bancario. In realtà, era uno squallido modo per cominciare a parlare di nuove tasse, per mettere le mani avanti. Tant'è vero che anche gli organismi che monitorano la crisi hanno parlato, come l'OECD, ma anche altri. Hanno detto che la situazione italiana, dopo un anno di Montiterapia, è ulteriormente tracollata, che la recessione da 0,4 salirà ad un punto secco, e che, di conseguenza, saranno necessarie “almeno per il 2013” manovre che al confronto quelle appena patite sono zucchero e miele. Cosa che, immodestamente, l'inutile tenutario di questo inutile blog andava ripetendo da un anno, senza grandi meriti perché, senza essere economisti di vaglia (e di area politica, visto che alla fine pure i numeri si piegano alle ideologie), bastava guardarsi intorno. Un

L'URLO

Cerca di capire la sua voce L'urlo fiero non imbavagliare Chiediti se mai da dove viene Come il sole, questo immenso tuorlo Che indomabile sorge dal mare Non è il suo un annuncio di vita? Non è l'urlo di un'altra giornata? Non ucciderlo, non condannarlo Cerca di capire la sua voce La sua gioia, la follia infantile Dalle stelle di farsi ascoltare C'è più vita in lui che in mille bombe Nelle trombe su Jerico a pezzi Nell'odiosa sferica freddezza Di chi non si perde o si scompone Anche un sordo, credici, può urlare Con la bocca, gli occhi, con i gesti Isterici, già, ma ha solo questi Affidati al vento e tu lo senti L'urlo si ribella alla pazienza Alle stanze dell'indifferenza E' così che comincia il cammino Nel primo respiro d'un bambino E nell'agonia di chi va via E ci sono urli silenziosi Cicatrici sulla pelle stese Lebbra antica d'ignote torture Sopportate fo

TUTTI I MIEI LIBRI SU SMASHWORDS

TUTTI I MIEI LIBRI SU SMASHWORDS (clicca sul link qui sopra per saperne di più)

IL FARO 44 anteprima

Perché i giornalisti si credono l'ombelico del mondo? Se la religione cancella (una famiglia) ... e intanto il Pil continua a scendere I dischi che non ti aspetti (ma che vanno scoperti) Zappa, un'altra raccolta. Da avere, però Non guarda in faccia nessuno, Gabanelli. O sì? Ma per me è un Grillo che non dura Monti, il nostro Mollusco Cannibale Che bello l'eolico. Peccato che renda insonni Il robot scrittore (e non è neanche calvo) Toh, anche il grande vecchio Giovanni Sartori si "smonta" Il Fatto è grillino: un servizio privato Il Faro non cancella mai quello che scrive. A futura immemoria.  Il Faro n. 44 in spedizione email agli abbonati da sabato 24 novembre

QUESTE CAZZO DI PRIMARIE

Complimenti a tutti i valorosi che sono andati a votare alle primarie, tre o quattro milioni, non lo so, e che si sentono in pace con la loro coscienza democratica e magari, da farisei, scrivono pure che è stata una cosa fatta bene, una cosa da fare. Complimenti a quanti hanno seguito o addirittura partecipato ai talk show di questo gioco, dove ci si mandava allegramente affanculo, così che poi se ne potesse parlare nei social network. Complimenti a quanti avevano almeno un motivo, uno solo, per versare l'obolo di 2 euro, e magari erano disoccupati, studenti che risalivano la penisola alla vana ricerca di un posto di lavoro. Complimenti, perché intanto che loro votavano, contribuendo a cambiare il Paese, il Paese non cambiava. Ha vinto Bersani, l'uomo che ho sentito con le mie orecchie rivendicare più Stato, più settore pubblico, più spesa pubblica, più enti pubblici, più impieghi pubblici, più organi, più burocrazia, e voler gestire l'Europa “come una cooperativa soci

L'ULTIMO ASSOLO DI KEITH

In quel momento, proprio alla fine del concerto, un treno di due ore dove salgono e scendono tanti passeggeri illustri, Keith Richards ritorna Keith Richards. Sympathy For The Devil , è il momento di Keith. Allora lui, incurante di tutto l'immenso resto, torna a fondersi con la sua chitarra e diventa quella musica mentre Mick interpreta il diavolo. In questi anni strazianti, di oltraggioso crollo, Jagger era tornato a splendere come l'unica stella del firmamento Rolling Stones, offuscando, eclissando l'altro come negli anni Settanta, quando Keith era puntualmente a un passo dalla morte. Così è stato ancora, inopinatamente, quarant'anni dopo, e nessuno avrebbe più scommesso su un altro ritorno. L 'ultimo. Come faceva, il Keith Richards balbettante, traballante, con il cervello tenuto insieme da sette placche di titanio, con le dita rese di marmo dall'incanto di una strega dal nome assurdo, Artrite Reumatoide, come poteva osare presentarsi una volta di più su

TUTTI GLI STONES TWEET PER TWEET

Che sensazione di leggera follia, seguire un concerto dei Rolling Stones via twitter. Ogni quindici, venti secondi piove dall'indirizzo ufficiale del gruppo un “tweet”, annuncia il brano in corso o l'ospite a sorpresa o qualche situazione in atto e pian piano si compone il concerto intero; rimbalzo sul sito “IORR” dove, riprendendo gli stessi micromessaggi, pubblicano le foto in diretta, e aggiornando le pagine come un matto mi coglie una vertigine: ma sì, ci sono già passato, quando ero bambino e andavo allo stadio: è un po' la storia di Tutto il calcio minuto per minuto , “Scusa Ameri scusa Ameri qui è Luzzi, rigore per il Campobasso” e teneva la linea 8 minuti, magari nel bel mezzo di un derby (scusate, il concerto è ancora in corso, sto scrivendo in diretta e adesso torno a controllare i “tweet”). Eccone altri 3: uno annuncia un “fantastico assolo di Ronnie Wood”, chissà se è vero o se esagerano un po': proprio come i resoconti dei radiocronisti d'anta

NESSUNO

Io mi siedo nel mio tempo perso Non ti sembra, ma son io nessuno Ombra senza corpo senza ombra Sono ormai chi sono e non chiedete D'esser più di questo perché giuro Io guerriero a lungo sono stato Con il fuoco nel mio fiato corto E nessuno s'è accorto e Nessuno M'avete chiamato e dissonanze Di silenzio a me stesso inchiodava La passione della mia fatica Così adesso io non sento più Non ascolto chi mi spinge avanti Chi mi manda in fondo, verso dove? E per cosa? Non certo per me Io mi siedo nel mio tempo perso Perché il senso di ogni cosa ho rotto Tutto quanto, l'orgoglio mio è fumo Dove getto le mie foglie secche Un sacco di addii ed io nessuno Sono senza maschera né faccia Nè profilo né voce né traccia Nella luce della sera calma Sono un remo sullo scalmo steso Un gabbiano nel tramonto arreso Io non sono e non potrai invocare Quello che non c'è, di cui fai senz

LUNGO UNA NOTTE

Risplende il pavimento della Galleria, l'Ottagono cuore di Milano, il Salotto come lo chiamano i milanesi, la luce gialla dei globi gli casca addosso, accende i suoi mosaici, le sue figure mitiche, i suoi stemmi e le allegorie, rimbalza nell'aria e mi abbaglia, mai vista scintillare così, ci passo come un re tra i ristoranti di lusso chiusi, la Libreria Bocca chiusa ma che rimane aperta “Grazie al sindaco Pisapia”, come reca un cartellone in vetrina, al Megastore Ricordi che s'è ingoiato l'orrido Mc Donald's, alle vetrine dai marchi prestigiosi, insegne rigorosamente oro su fondo nero. Siamo due re, io e il mio buon amico Tony, unici sovrani di questo gioiello eclettico ora derelitto, sono le 3 in punto, le tre del mattino e c'è solo un ometto col giubbotto rifrangente che passa la spazzolatrice e tira a specchio i mosaici e le figure, anche quella del toro coi coglioni da pestare ma che non si possono più pestare perché ci hanno messo sopra l'adesivo d

SCRIVERE IL BLUES

Non conosco altra gente abituata a ricevere lettere come quelle che mi arrivano, non credo che ce ne sia. Queste lettere non nascono dal niente, sono sfoghi che fanno male anzitutto a chi li scrive. Ce ne vuole per mettersi lì, lasciarle uscire, metterle insieme, mandarle. Affidarle. Nascono da altri scritti che a loro volta non vengono da soli, non sono figli di nessuno: la loro paternità sta nel dolore, nella solitudine. Nella sincerità. No, non mi pare di conoscere altri che abbiano con chi li legge un rapporto così viscerale. Che consuma. Che uccide e tiene in vita. Che è come una droga. Che mette un senso là dove un senso non c'è, dove stanno soltanto sconfitte. Che toglie un senso là dove lo avevi trovato. Ci sono tanti che si credono grandi giornalisti, grandi scrittori e invece sono solo robot. Fotocopiatrici. Dattilografe, o megafoni. Hanno successo, stanno dappertutto, ma sono inconsistenti. Prede delle loro stesse proiezioni, in cui si perdono. Dei loro troppi pad

FERMORTA

Dopo aver dato con enfasi spropositata la notizia di una “storica serrata” nella piazza di Fermo, che poi coincideva con due o tre negozi di un unico proprietario, chiusi in orario di chiusura, un giornale locale – fosse mai che qualcuno ha letto il nostro pezzullo polemico (“Perchè i giornali non si fanno qualche domanda, anziché assecondare certe farse?”) - ha fatto il suo dovere ed è andato a intervistare i negozianti superstiti: talmente dispersi, che per scovarne qualcuno è stato necessario scendere fino al (lugubre) corso Cefalonia che dalla piazza del Popolo si diparte. La cronaca che ne è scaturita offre qualche motivo d'interesse: è indicativa di un costume incrostato, più che consolidato. Cosa dicono i bottegai interpellati? Tutti la stessa cosa e quella sola: “Ci deve pensare il Comune, deve fare qualcosa il sindaco, aspettiamo qualsiasi cosa”. Una rassegnazione messicana. Tutti a braccia incrociate, chi in piazza aspetta le macchine, chi la manna, chi la mamma e c

BACCANALIA (2012)

  Disponibile via Smashwords Non è proprio vero che quello che fa uno "statista" in camera sua, è affare suo. Questo resta vero in linea di princìpio, e certamente appartiene ad una sfera personale che non solo va rispettata, ma della quale anzi bisognerebbe disinteressarsi. Il problema è quando questa sfera privata si dilata ad inglobare la sfera pubblica, quando influisce sulle decisioni di governo, quando travolge la collettività. Tutto questo è accaduto con Berlusconi, il quale a un certo punto non è più stato in gradodi tenere separate le due sfere, ha lasciato che i vizi privati rifluissero, travolgendoli, su quelli pubblici, politici. Un problema di governo, prima ancora che di spread. Troppe troie nelle istituzioni, troppi spettacoli osceni che invadevano la scena internazionale, troppe commistioni tra meretricio e criminalità. Ancora oggi Berlusconi è un uomo ricattabile e ricattato, che paga migliaia di euro al mese non per bontà d'animo ma per comprare i

QUANDO PARLA NICHI

I giorni duri continuano, ieri mi è toccato Vendola. Esperienza surreale, ha fatto un discorso che in confronto l'imitazione di Checco Zalone era di una concretezza brutale. Preceduto, va detto, da un culto preoccupante, ansioso, sovietico, sconosciuto agli altri leader, che pure di servilis mo si pascono, ma che , almeno in questo secolo, non sono ancora avvezzi a farsi ricevere c on sviolinate in chiave "Nichi ha se mpre ragione, Nichi quello che promette lo fa, Nichi è la salvezza" . Ma Vendola, come Grillo, ha attualizzato una totemizzazione, per esprimersi come farebbe lui: non lo si discute, lo si adora a dispetto ed anzi in virtù dei deliri che regala. È pure contagioso nel suo sdoganare l' onirica irrealtà: senti, senti con che sfrenata devozione lo introduce il coordinatore di Sinistra e Libertà di questi borghi, uno scarparo che, se la memoria ancora mi regge, ricordavo tra i primi a d inseguire la delocalizzazione in Romania, nonché esclusivista del