La
malafede di quanti sostengono di avere a cuore la democrazia, il
pluralismo, la libertà, si misura nella vicenda Sallusti: per il
quale non dev'esserci pietà, visto che, come scrive Travaglio, lui e
la Santanché sono Olindo e Rosa, due orchi che hanno sterminato una
famiglia con tanto di infante. Gli altri ci vanno più di fioretto (bella forza) ma
non con minore malignità. Altro che solidarietà tra colleghi,
Sallusti deve marcire in galera, non ai domiciliari nella villa
dell'amante: perché se lo merita, perché ha quella faccia lì,
perché è un servo di Berlusconi, perché dirige il Giornale
che è una fabbrica di falsità. Osservare che anche i giornalisti
progressisti o estremisti hanno le loro brave condanne, le loro
oneste nefandezze sulla coscienza, non serve: gli stessi che danno
della merdaccia bugiarda al nostro Nosferatu, nel segno della
solidarietà totale con i giudici, dicono che le condanne dei loro
prediletti sono medaglie al valore, tentativi di intimidirli, di
imbavagliarli. Grottesco, demenziale, ma non c'è verso di uscirne.
Non conta neanche che in questo modo si stabilisce un precedente
pericoloso, le cui maglie sono fatalmente destinate a restringersi
fino ai cosiddetti reati di opinione: così come ci sono giornalisti
e giornalisti, ci sono anche verità e verità e libertà e libertà.
Sallusti, si sostiene, merita i piombi perché non ha vigilato sulla
diffamazione del compare Renato Farina, ergo è colpevole come e
quanto lui. Sia pure: ma non è sproporzionata la pena, a fronte di
sterminatori di famiglie che guidano ubriachi e non fanno un solo
minuto di cella? No, non lo è, certi pennivendoli sono fogne,
debbono crepare. Detto da altri giornalisti, quelli allergici al
bavaglio. Io, se in un collega vedo un nemico, preferisco resti
libero, per non farne un martire, per poterlo attaccare su quello che
scrive. Ma certa gente il ruolo del martire lo rivendica per sé, gli
altri debbono sparire. Dici che Corona ha 4 condanne ma va ai servizi
sociali da don Mazzi? Bravo lui, e poi “ha scontato ben 9 mesi
preventivi”. Che argomenti solidi! Come l'altro, “Perché
Sallusti non lo chiede anche lui l'affido?”. E sarebbe vano
obiettare che, qualche volta, “perfino” uno come Sallusti può
impelagarsi in una questione di princìpio, o di tigna, e scegliere
il male estremo piuttosto che una mediocre ritirata.
Insomma,
qui il problema sembra un po' più ampio del cranio di un direttore.
Ma il pericolo, in prospettiva, non sfiora nessuno, tutto un gioioso
furore giacobino, a morte l'infame, il servo, il merdone! Tanto noi
abbiamo amici tra i giudici, siamo quelli dalla parte giusta e non
rischiamo niente, al massimo il fastidio di qualche convocazione che
poi sbriga l'avvocato, di qualche risarcimento coperto dal giornale.
No,
non è questo il modo di affrontare una questione che, a parole, a
molte parole, preme a tutti. E non è neanche qui in discussione il
monstrum giuridico partorito sulla faccenda, o il protagonismo,
francamente insopportabile, di molti giornalisti che finalmente
possono essere educati in cento colpendone uno, e neppure, al limite,
la sproporzione della pena per un direttore che ha sicuramente
sbagliato. No, qui in gioco è proprio l'elementare rispetto
professionale, se non umano, e la coerenza sulle cose ultime, su ciò
che si predica e come poi ci si regola. Il grido straziante per la
libertà violata (da Berlusconi) si capovolge in un'ossessività un
po' sospetta sulle regole, il perdonismo ideologico per terroristi
pluriomicidi diventa di colpo una vergine di ferro per il
pennivendolo dalla parte sbagliata.
Qualche
sera fa ne ho discusso, a Milano, con un vecchio amico fino a notte
fonda: niente, non si smuoveva, per lui Sallusti è buono solo quando
è morto, è arrivato a dirmi: “Le voci dei contatti mafiosi su
Crocetta? Mi piace pensare che sono uscite su Panorama, così
posso più facilmente credere che sono false”. Gli ho spiegato che
difficilmente un giornale, “per quanto di Berlusconi”, arriva a
sparare una cosa simile in copertina se non è provvisto di pezze
d'appoggio. Mi ha risposto, con ironia razzista: quand'è che te ne
torni in via Corelli, pronto al decreto di espulsione per gli
extracomunitari?”.
Ed
era lo stesso che, pochi minuti dopo, in uno slancio di moralità, mi
aveva confidato: “Ho un problema di coscienza, un insegnante di mio
figlio lo imbottisce di propaganda, mi torna a casa completamente
ideologizzato. So che è sbagliato, ma tanto sono le stesse cose che
sente a casa, per cui mi sta bene così. Solo che, qualche volta, ci
penso”. Fin che ci pensi, gli ho risposto, male non ti fa.
Commenti
Posta un commento