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A SINISTRA RISPONDE IL VELENO (2)


La malafede di quanti sostengono di avere a cuore la democrazia, il pluralismo, la libertà, si misura nella vicenda Sallusti: per il quale non dev'esserci pietà, visto che, come scrive Travaglio, lui e la Santanché sono Olindo e Rosa, due orchi che hanno sterminato una famiglia con tanto di infante. Gli altri ci vanno più di fioretto (bella forza) ma non con minore malignità. Altro che solidarietà tra colleghi, Sallusti deve marcire in galera, non ai domiciliari nella villa dell'amante: perché se lo merita, perché ha quella faccia lì, perché è un servo di Berlusconi, perché dirige il Giornale che è una fabbrica di falsità. Osservare che anche i giornalisti progressisti o estremisti hanno le loro brave condanne, le loro oneste nefandezze sulla coscienza, non serve: gli stessi che danno della merdaccia bugiarda al nostro Nosferatu, nel segno della solidarietà totale con i giudici, dicono che le condanne dei loro prediletti sono medaglie al valore, tentativi di intimidirli, di imbavagliarli. Grottesco, demenziale, ma non c'è verso di uscirne. Non conta neanche che in questo modo si stabilisce un precedente pericoloso, le cui maglie sono fatalmente destinate a restringersi fino ai cosiddetti reati di opinione: così come ci sono giornalisti e giornalisti, ci sono anche verità e verità e libertà e libertà. Sallusti, si sostiene, merita i piombi perché non ha vigilato sulla diffamazione del compare Renato Farina, ergo è colpevole come e quanto lui. Sia pure: ma non è sproporzionata la pena, a fronte di sterminatori di famiglie che guidano ubriachi e non fanno un solo minuto di cella? No, non lo è, certi pennivendoli sono fogne, debbono crepare. Detto da altri giornalisti, quelli allergici al bavaglio. Io, se in un collega vedo un nemico, preferisco resti libero, per non farne un martire, per poterlo attaccare su quello che scrive. Ma certa gente il ruolo del martire lo rivendica per sé, gli altri debbono sparire. Dici che Corona ha 4 condanne ma va ai servizi sociali da don Mazzi? Bravo lui, e poi “ha scontato ben 9 mesi preventivi”. Che argomenti solidi! Come l'altro, “Perché Sallusti non lo chiede anche lui l'affido?”. E sarebbe vano obiettare che, qualche volta, “perfino” uno come Sallusti può impelagarsi in una questione di princìpio, o di tigna, e scegliere il male estremo piuttosto che una mediocre ritirata.
Insomma, qui il problema sembra un po' più ampio del cranio di un direttore. Ma il pericolo, in prospettiva, non sfiora nessuno, tutto un gioioso furore giacobino, a morte l'infame, il servo, il merdone! Tanto noi abbiamo amici tra i giudici, siamo quelli dalla parte giusta e non rischiamo niente, al massimo il fastidio di qualche convocazione che poi sbriga l'avvocato, di qualche risarcimento coperto dal giornale.
No, non è questo il modo di affrontare una questione che, a parole, a molte parole, preme a tutti. E non è neanche qui in discussione il monstrum giuridico partorito sulla faccenda, o il protagonismo, francamente insopportabile, di molti giornalisti che finalmente possono essere educati in cento colpendone uno, e neppure, al limite, la sproporzione della pena per un direttore che ha sicuramente sbagliato. No, qui in gioco è proprio l'elementare rispetto professionale, se non umano, e la coerenza sulle cose ultime, su ciò che si predica e come poi ci si regola. Il grido straziante per la libertà violata (da Berlusconi) si capovolge in un'ossessività un po' sospetta sulle regole, il perdonismo ideologico per terroristi pluriomicidi diventa di colpo una vergine di ferro per il pennivendolo dalla parte sbagliata.
Qualche sera fa ne ho discusso, a Milano, con un vecchio amico fino a notte fonda: niente, non si smuoveva, per lui Sallusti è buono solo quando è morto, è arrivato a dirmi: “Le voci dei contatti mafiosi su Crocetta? Mi piace pensare che sono uscite su Panorama, così posso più facilmente credere che sono false”. Gli ho spiegato che difficilmente un giornale, “per quanto di Berlusconi”, arriva a sparare una cosa simile in copertina se non è provvisto di pezze d'appoggio. Mi ha risposto, con ironia razzista: quand'è che te ne torni in via Corelli, pronto al decreto di espulsione per gli extracomunitari?”.
Ed era lo stesso che, pochi minuti dopo, in uno slancio di moralità, mi aveva confidato: “Ho un problema di coscienza, un insegnante di mio figlio lo imbottisce di propaganda, mi torna a casa completamente ideologizzato. So che è sbagliato, ma tanto sono le stesse cose che sente a casa, per cui mi sta bene così. Solo che, qualche volta, ci penso”. Fin che ci pensi, gli ho risposto, male non ti fa.

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