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V.I.P.


L'amica che non sento da una vita mi rintraccia: “Ma come, ti ribecco dopo anni, su un giornale importante, e mi sei diventato un vip?”. Lo dice tra scherzo e rimprovero, affettuoso ma rimprovero. Vip? Sì, per dire conosciuto, perfino famoso. La cosa mi lascia stranito: non è una dimensione congeniale, non per me, ne avverto tutta l'ambiguità e perfino la dimensione patetica. Cosa vuol dire vip? Che c'è più gente che mi scrive? Che qualche lettrice mi manda foto esplicite? Che mi siedo al tavolino per un calice di prosecco e al tavolino di fianco mi individuano, si mettono a parlare, mi raccontano tutta roba che so già, visto che l'ho scritta io? È questo? O un invito a una festa, roba che ormai non significa niente per me? O chissà quali frequentazioni e conoscenze, proprio io che le fuggo come gli appestati, anche perché non mi hanno mai dato un cazzo, o l'odio demente che fa da contrappeso all'esaltazione demente? Cosa è questa nuvola impalpabile che lascia nostalgia di verità? La mia vita non è cambiata ma io arrivato al mio tempo non voglio farmi distogliere: intanto non c'è niente di vero e questo lo dicono tutti ma solo se ne fai esperienza, almeno in piccola parte, puoi capirlo davvero; c'è un brano di Iggy Pop che prende in giro proprio questo equivoco della notorietà, della fama ed è una lunga invettiva in forma di spoken, lunga, rabbiosa, tragica: lui almeno può farlo, lui sa di che parla, io posso solo intuirlo di lungo riflesso, ma posso capire. Poi ti guardano in modo diverso. Tu resti tu ma l'altro non lo sa, si convince che sei un mutaforma, vuol credere alla proiezione che si fa di te e non c'è verso. Se minimizzi ti dicono: eh, fai il falso semplice. Se stai al gioco dicono: eh, però si vede che te la tiri. Tempo fa mi sono ritrovato in una chat di compagni di scuola, l'ho già raccontato: non intervenivo, perché loro parlavano di faccende comuni ed io, che manco da Milano da 35 anni, non sapevo che dire. Ma seguivo, con discrezione, anche con interesse. Un giorno qualcuno mi ha attribuito frasi sprezzanti, che non avevo mai scritto e neppure pensato: nessuno ha pensato di interpellarmi, debbono essersi convinti che ero una carogna, uno che si era montato la testa e li snobbava e alla fine mi hanno rimosso. Pazienza, tanto ero solo spettatore di ieri. Ma a che serviva chiarire? Ecco, c'è chi insegue questa bolla di smog per tutta la vita, ne fa una malattia e se ci arriva si convince delle proprie alienazioni, diventa un alienato. Io voglio essere capito, voglio spiegarmi oggi più che mai. Non voglio vivere in un equivoco, ho già avuto troppa disperazione nella mia vita per concedermi anche questo supplemento. Tanto non c'è cura, quello che ho dentro, quello che sono e che mi stritola e mi uccide non cambia e soprattutto non può lenirlo uun equivoco, un miraggio, un incantesimo, una beffa, una distorsione, una condizione che non esiste, anche se da fuori pretendono esista e, affettuosamente, ti rimproverano.

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