E' passata la prima
settimana con la nostra adorabile tiranna, ed è stata una settimana
senza un attimo di tregua: senza un attimo senza te, Madame, salita
dalla Calabria dove t'avevano trovato piccina su una spiaggia, a
morir di freddo, e di lì in canile, e poi in uno stallo che però
chiedeva aiuto. T'abbiamo intercettata, prenotata, persa, recuperata:
si vede che destino. E adesso ci sei, sei qui e ci fai teneramente
disperare: tutto vuoi scoprire, tutto annusi e cerchi e guardi e
insegui e pretendi, mi hai mangiato le settimane enigmistiche
ancora da fare, distrutto già scarpe e penne e cose, non te ne dai per inteso coi gatti che non gradiscono
ancora la tua esuberanza, ti mettono in riga, specialmente Nerino che
non è un gatto, è un alleato e mi aiuta a darti una regolata. Come
se servisse! A passeggio non ti stanchi di tirare, e mi sta venendo
un braccio come quello di un tennista. E io pensavo, se solo avessi
un cane, io che i miei gatti li adoro, se solo avessi un cagnolino da
portarmi appresso, non mi sentieri più così solo. E in verità non
avrei tempo di sentirmi solo, tutto tocchi col muso, lampioni alberi
pali panchine, sei l'Adrian Monk dei cani, mi stressi, io vorrei già
cambiarti nome ancora e darti quello di un capo indiano, Cane Pazzo:
i tuoi misteriosi scoppi d'entusiasmo, l'agitazione perenne,
l'affetto prorompente, dieci minuti in casa e già ti eri legata in
quel modo morboso, come se non ci fosse nient'altro, come se avessi
sempre paura di perderci. Lara, la veterinaria, ce l'ha spiegato:
rivive sempre il trauma dell'abbandono, sarà così per tutta la sua
vita. E se scendo appena a portare la spazzatura, e rientro dopo
dieci secondi, mi combini una sarabanda di salti a molla, di
uggiolii, guaiti, abbaiate festose da perdere la testa. Hai occhi
teneri e intelligenti, se mi vedi infilarmi il giacchino corri a
prendere il guinzaglio coi denti. No, non ci si può rilassare con
te, non ancora. Eppure, stasera mentre aspettavo la sera mi sono
sentito un lago di tristezza dentro. Di inquietudine, ecco la parola.
Quel lago. Come qualcosa che deve arrivare e non mi piacerà. Sai,
Madame, non siamo tanto diversi tu ed io. Sarà la vita difficile,
non di rado drammatica, accumulata fin qui. Sarà la troppa
solitudine, che mi è entrata nel sangue. Saranno gli anni infiniti,
che non passavano mai, senza un Natale, una estate, che mi facevano
impazzire, parlare da solo nel deserto di me. Fuori e dentro di me.
Quel lago. Io non posso asciugarlo, io non posso guarirmi. Forse ci
sono nato, forse è la mancanza della città, della sua confusione
viva, dove ancora vado a cercare il me stesso sconfitto. Adesso io
sono diventato conosciuto, conosciuto davvero: non ho mai avuto così
tanti lettori, i miei pezzi fanno discutere, accendono reazioni, come
e più di quando cominciai, tante vite fa. Posso sedermi con te sulla
panchina, Madame, e guardarmi indietro: in tutti i giornali dove sono
passato, io sono stato letto e spesso il più letto. Strapelato come
sempre, in apnea come sempre, ma nessuno potrà dirmi che non era la
mia strada, che ho perso la mia sfida. Ci sono arrivato senza
prostituirmi, senza buffonate, giorno dopo giorno, con fatica e
coraggio, con la disperazione dell'orgoglio. Con la superba umiltà
di fare corsa su me stesso, sempre e solamente: mai su un altro. Con
la forza di imporre uno stile mio, e per anni ce n'è voluta,
disposto a pagare per le mie opinioni, senza spalle coperte, senza
solidarietà e senza scortea e qualche volta, credimi, m'avrebbe
fatto comodo.
Adesso, se solo lo
volessi io potrei riscuotere; potrei rompere i coglioni e chiedere di
andare in televisione, e mi accontenterebbero. Invece non mi importa,
non so più se per stanchezza o per immunità. L'ho anche detto alla
mia amica Daniela, con cui ho fatto il libro: poi, quando c'è da
presentarlo, per i programmi ci vai tu. “Ma come, tu non vieni?”.
“No, io non ci vengo, non è il posto mio”. “Ma lo sai spiegare
meglio di me”. “Sì, ma non mi va, dovrai cavartela da sola in
questo”. Sono abbonato alla solitudine, so benissimo come si fa ad
attirare attenzione, non ho mai avuto problemi davanti a mille o due
persone, ho una disinvoltura naturale in pubblico, insomma “buco”.
È solo che non mi interessa. Quel lago, quando tutto pesa, tutto fa
paura. Quando niente importa. Sì, adesso mi conoscono, mi
riconoscono, mi scrivono. Ho recuperato tutti i lettori che avevo un
tempo, e che certi intriganti m'avevano strappato. Sì, ho chiuso un
bel po' di bocche e, a dirla tutta, facendo due conti sono più
seguito io di tanti Bel Ami una sera sì e l'altra pure a specchiarsi
in una telecamera, senza avere niente da dire, senza niente da
difendere che la loro faccetta di cazzo: e allora? E dopo di questo?
Andiamo Madame, che sono le sette, dopo poi devo seguire X Factor, e
mi raccomando fai la brava che stasera proprio non posso dedicarmi a
te.
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