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L'ULTIMO HURRAH



Tre gatti, un cane e quattro tatuaggi (per ora). E ventimila articoli, a spanne. E una quarantina fra libri e ebook, all'incirca. E una vita sempre nella confusione, mai serena, mai organizzata. Mi sono sempre tormentato cercando di capire la ragione di questo disagio, ho trovato mille spiegazioni, ma nessuna mi ha mai soddisfatto. Mi sono sempre sentito meno adulto di quelli della mia età, anche se ho avuto più esperienze di loro, anche se sono diventato una figura pubblica. Alla fine, ed è merito dei “miei” animali, ci sono arrivato, ed era l'uovo di Colombo: semplicemente, io sono diverso dagli altri. Non migliore, tutt'altro, solo diverso, come la mia amata maestra mi ha sempre fatto capire fin dall'età di sei anni. Incline alla malinconia, tutto teso ad ascoltare una foglia spuntare dal ramo. Preda delle mie sensazioni. Refrattario ad ogni competizione che non fosse con me stesso. Disperatamente portato ad esserci, senza abbandonare mai nessuno. A legarmi, ad amare, ad affezionarmi senza difese. A lasciarmi incomprendere. Tempo fa, c'è stato chi mi ha ferito per questo: credo d'avere riconquistato anche questa persona, solo accettando di esserci ancora, quando mi ha cercato di nuovo. Non dimentico le parole, perché per me si trasformano in cicatrici, ma non riesco a serbare un rancore definitivo, quasi mai, mi pare una immane, inutile fatica e per di più meschina. E adesso mi tengo la mia diversità, fatta di esperienza fin troppo accumulata e di lati infantili che mai guariranno. Non voglio più giudicarmi, non voglio più negarmi i piccoli piaceri di una vita breve, che non so quando finirà, ma che mi fanno sentire vivo. Coi miei animali e i miei tatuaggi. Non si fa, dite? Non lo so, non c'entra con me, la cosa importante, mi sono accorto, è raggiungermi; essere chi sento di essere, come sento di essere. Non fare le cose per emulazione o per dispetto, ma neppure, per lo stesso motivo, negarmele. Certo, un po' stanco lo sono: vorrei tirare i remi in barca e, dopo tanta corsa a ostacoli, da disinserito, da disadattato, con pochi amici ma agitati e incasellabili come me, con troppi pericoli scampati ed errori micidiali e spaventi depositati sull'anima, 55 anni penso siano il momento giusto per darmi una calmata: non ho mai lesinato neppure sull'autodistruzione, anche io ho trattato il mio fisico come un laboratorio e solo una fibra, malgrado tutto, infrangibile mi ha salvato. Ma neanche io duro per sempre, e di certo non voglio ritrovarmi un fottuto rottame. Adesso sto per intraprendere un'altra avventura, un libro che probabilmente mi attirerà critiche, attacchi, fraintendimenti e ritorsioni: lo so e lo faccio (con una partner autolesionista e disadattata quasi quanto me), perché la mia libertà di urlare, di non starci al gioco della sottomissione, nonostante tutto resta più forte di ogni calcolo. Ma vorrei fosse l'ultimo hurrah, per poi intraprendere un percorso normale. Almeno un po'. Amministrando chi sono stato, la mia diversità che, nel bene e nel male, nessuno ha potuto spegnere e nessuno mai potrà togliermi.

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