Passa ai contenuti principali

MISSIONE


L'immagine può contenere: Massimo del Papa, primo piano e spazio al chiuso

I miei metodi non li consiglierei a nessuno ma funzionano e io adesso sono così. Non ci posso credere, Ero arrivato e pesare 92 chili e non di muscoli: sono sceso sotto gli 80 e respiro, il cuore non fa più fatica, alzarmi in piedi non fa più paura. Una parte di me si è sciolta, evaporata. Una parte superflua, cattiva. Ho fatto, credo, qualcosa di sovrumano, o disumano, perché alla mia verde età ci vuole una volontà feroce o non lo so che cosa, magari arrivarci con una dieta da vietare per legge. Ma adesso addosso mi scendono i vestiti, non più lo sguardo di chi mi notava. Non è la vanità del dimostrare agli altri venti, trent'anni di meno, è il sollievo di non dimostrare a me stesso trent'anni di più. Dimmi quello che vuoi, che sono puerile, che sono fatuo, patetico se credi, ma per me è come rinascere: ho tanto bisogno di far pace con me stesso, di non detestarmi ancora, di non sentirmi in debito con una vita che invece mi prende tutto e non restituisce niente. La mia missione è farmi male, cercando di far bene agli altri. Io sono un consolatore, lo sono sempre stato. Sono quello che intercetta il tuo dolore, lo asciuga, sa medicarlo come nessuno e tu lo sai; lo capisci appena mi conosci, il resto viene da sè. Questo mestiere fatto di parole, questo mestiere che è la mia vita ha potenziato tutto, mi ha imprigionato in un destino. Lo sa solo Dio, se esiste, a quanti di voi ho tenuto compagnia, in quanti vi ho raggiunti, nei posti più improbabili, spaventosi a volte, per strapparvi alle tentazioni più insidiose. Quanta voce io, scritta oppure consumata a parlarti, a tirar fuori il meglio di te. A convincerti che eri più di così. A trasformare le ombre in calore. A mentirti, se occorre, per darti coraggio. Sapendo che un giorno mi sarei ritrovato orfano anche di te, perché la vita spinge via e non posso fartene una colpa. La mia missione è la solitudine, è lasciarmi fraintendere, quando dico che ci sono, che ti voglio bene e non ti lascerò, so già che un giorno la mia sincerità la fraintenderai, impugnandola come un coltello per ferirmi. Non cerco alibi, non provo più a spiegarti. A spiegarmi. Ogni volta io ti faccio crescere, e tu hai un volto sempre diverso ma sei sempre tu, con i tuoi guai, le contraddizioni, quello che non sai ammettere e per questo mi cerchi, preda di un dolore che chiama, vuol essere rassicurato. Sconfitto. Risolto. E ogni volta, quando ti senti guarire, quando ti vedo cominciare a crescere, mi ripudierai accusandomi di ciò che mi chiedevi. Ciò che ti serviva, che da me pretendevi. Tu mi chiedi di esserci ed io so farlo solo così. Senza riserve. Senza assurdi confini. Ammettendo tutto il bene. Alzandomi la notte se mi chiami, non negandomi mai. Perché risparmiarmi mentre affondi non ha senso. Negarmi non ha senso. Sparire è da vigliacchi. Sono un consolatore che non chiede aiuto, il suo compito è darlo, e si dispera perché non sa imparare, non cambierà mai. Ma, se devo restare quello che sono in un'anima ricamata di cicatrici, lo resterò anche nella carne viva. Mai più così pesante da non fare le scale. Mai più così sfasciato da non guardarmi allo specchio. Non voglio più diventare vecchio. Ci sono arrivato a modo mio, senza compromessi, spremendo il mio sangue e il mio orgoglio. Adesso lasciami qui, a pensare che questa vita è come la mia sigaretta che brucia male e dietro c'è la pioggia, sembra smettere e invece riprende più ostinata di prima.

Commenti