Sarà colpa mia,
ritrovarmi sempre incolpato di ciò per cui vengo cercato: esserci,
sostenerti. La mia genialità presunta che diventa una condanna, un
giudizio senza appello, perché non si traduce nell'unica cosa che
per tutti conta: il successo, la notorietà più o meno prostituita.
Ma perché tutti sognano solo questo, perché rinunciarci è l'unica
colpa che non viene perdonata? Le antiche offese, quelle fresche, non
guariscono mai, non vanno mai via. Non le ricordo mai a chi me le ha
rivolte, ma non le dimentico: come potrei? Stanno tutte qua, dentro
di me, dietro la facciata, stanno nelle parole di chi mi si era
aggrappato come all'ultimo pretesto, già in bilico sul cornicione.
Da chi su quel cornicione so già ci tornerà. Ma come negarsi,
quando sai come ci si sente, sai che non c'è via d'uscita, che tu
sei rimasto l'ultima via d'uscita per qualcuno? Allora decidi di
starci, di spenderti, di lasciarti usare, fraintendere, ingannare.
Sai già che sconterai tutta l'energia, che ti ritroverai con una
ferita in più. Io le ricordo tutte, quelle frasi: è chi me le ha
rivolte, che un giorno torna e sembra non averne sospetto. Irriso. Compatito.
Sprezzato. Ma se io non fossi così, come potrei capirti? Come
aiutarti, quando me lo chiedi? Se io avessi troppo da fare per
medicarti, che fine faresti anche tu? Se io mi stancherò di credere
al tuo bisogno, di assorbire i tuoi guai, di inventare una bugia alla
quale vorrai credere, se il cane buono che sono deciderà di
morderti, se solo io penserò a me stesso, a fuggire, alla mia via
d'uscita, come uscirai tu dagli imbuti tuoi, quale via d'uscita ti
resterà mai?
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