Ancora una
volta, lettore, potrai obiettarmi che si tratta di amicizie, e allora
la chiudiamo qui: io sono un personaggio pubblico, di amici pubblici
ne ho, se ti stupisci di questo, se non dai per scontato questo,
smetti pure di seguirmi: nessun giornalista è un'isola. Di amici ne
ho, e, potendo, li ascolto durante il giorno: la mattina, Beatrice
Silenzi di RadioLinea o Giustina Terenzi su Controradio (non sempre
interagisco, ma quasi sempre ci sono); la sera invece mi sono
abituato a seguirne un'altra, è Daniela Martani su NSL Radio,
emittente romana appena nata ma di grandi ambizioni. Ma chi, la
nazi-vegana? La hostess col cappio, la casinista su Dagospia? Proprio
lei. Incontrata a Sanremo un anno fa, è una persona che ho imparato
a conoscere, e sto assistendo alla sua avvicente trasformazione da
crisalide a farfalla. Daniela, come me, non ha mai avuto vita
facile, come me sconta i suoi colpi di testa, le botte da matto di
chi è viziato di libertà, ma non smette mai di reagire: a
differenza mia, non resiste: contrattacca, anche in modo eccessivo,
ma la vita non la ferma, anzi la ricarica. Perché lei la vita la
ama. È successo che, a un certo punto, è passato il treno della
conduzione radiofonica e lei ci è saltata sopra, senza risparmio e
senza rinunciare a niente della sua convulsa esistenza, perché non è
il tipo. Io l'ho vista, a Sanremo, andare e venire tra Roma e Milano
due volte in una settimana, e la notte non mancare una festa, cosa
che a me provocava un vago ribrezzo mentre lei è pesce che in
quell'acqua respira e non può farne a meno. Quando però storcevo il
naso mi obiettava, vedi, per me tutto questo sbattermi “come una
farfalla in un barattolo”, e lo hai scritto tu, non è fine a se
stesso, rifluisce nel lavoro: è tutto qua. Giusto, e allora chi sono
io per dire la mia? Daniela si è inventata, letteralmente dal nulla,
un format che a me fa molta invidia, perché ne vorrei uno uguale, se
facessi conduzione lo intenderei proprio così: 150 minuti ogni
giorno, dalle 17 alle 19,30, che è una bella maratona, e, invece di
surfare su quaranta argomenti, solo quei, due, tre, ma sviscerati
bene, come la vita richiede. Perché la vita non è quello che
succede agli altri, e se non ti identifichi, se non ti appassioni ai
drammi altrui, allora lascia perdere. Sostenuta da due compagni di
strada giovani e bravi, Antonio Aversano e Giancarla Tescione detta
la Giangiola, con cui dopo un inevitabile rodaggio ha trovato la
giusta misura, la redazione è lei. Nel senso che ogni pomeriggio,
grazie all'agenda straripante che si ritrova, ad una conduzione
effervescente e ad una disinvoltura solo in apparenza temeraria, ella
riesce a coinvolgere, per via telefonica, il giornalista importante,
l'artista affermato, il personaggio del momento. So per esperienza
che non sono cose che si improvvisano, ovvero per andare all'impronta
devi avere smaltito una lunga e solida gavetta. Lei, invece, senza
rete di protezione ci si tuffa con santa incoscienza e ogni volta
porta a casa la puntata. Al prezzo di scoperte piuttosto terrificanti
come bloccarsi in diretta, non trovare il termine giusto, sentirsi
groggy dopo essere passata per il vortice forsennato di notizie che
ti bombardano ogni minuto della giornata e le devi filtrare,
approfondire, capire, preparare, esporre, servire al pubblico,
coinvolgendo chi regolarmente ne sa più di te perché è il
protagonista di quel fatto specifico. “Non credevo fosse così
faticoso”, mi ha confidato. È perché adesso fai informazione
vera, non il solito gossip del cazzo, le ho spiegato. Uccidimi
dolcemente, questo è quello che facciamo: lo va scoprendo e non
nasconde certe perplessità, la paura di non farcela, di non essere
all'altezza. Ci rivedo lo stesso senso di sbando dei miei primi
tempi, Dio se mi fa sentire vecchio. Ma ogni giorno la trasmissione
migliora, con alcune ingenuità, certo, con qualche incertezza,
d'accordo, ma che importa? Conta il flusso, conta il risultato
complessivo e “Quasi amici”, il programma di questi tre, fila
come un treno. Sto dicendo che quando io ascolto un avvocato di grido
quale Francesca Garisto, sulla atroce vicenda di Michele Castaldo,
assassino di Olga Matei, al quale la Corte d'Appello di Bologna ha
dimezzato la pena, da 30 a 16 anni, per l'attenuante della “tempesta
emotiva”, e la sento spiegare con pacata autorevolezza perché
quella pronuncia non sta in piedi, per me questo è giornalismo e di
quello fatto bene. Fine della storia. Non sospettavo tanta umiltà in
una persona/personaggio che, per carattere, nutre certezze fin troppo
scoperte (e soffoco la tentazione di frantumargliene qualcuna, di
tanto in tanto); ma se Daniela continua a giocarsi così bene questa
carta, se accetta di togliere qualcosa alla vita spericolata “di
quelle che non dormono mai” cui è abbonata, se si risolve ad una
disciplina nuova, a inforcare metaforicamente gli occhiali, come le
dico sempre, per consegnarsi al vortice dell'informazione matura, la
trasformazione è compiuta e tutti gli arabeschi seguiti finora
avranno trovato un senso diverso. Adesso è cresciuta abbastanza, è
abbastanza grande per farcela.
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