Tutta questa
gente soddisfatta delle proprie imprese, nefandezze, vergogne che non
prova. Che si complimenta, si congratula a vicenda. Quel sorriso
antiproiettile, quel modo di esistere. Li invidio, davvero, mi
entrano nel cervello come frecce: io soddisfatto di me non lo sono
mai stato, a 54 anni suonati ancora cerco un motivo e non lo trovo,
cerco di capire chi sono e non mi trovo. Soddisfatto di che? Cosa
lascio io, cosa ho composto perché si disperda al vento? Per chi
sono stato io? Perché? Troppi anni, una vita a logorarmi cercando di
capire. E uscire fuori con il sorriso anch'io, di cristallo però,
che va in pezzi al primo sarcasmo, a una parola, perché questa
malattia che chiamano sensibilità, è una camicia di forza
dell'anima: l'ho sempre avuta nel sangue, non se ne va, invecchiando
peggiora. Io capisco ma non mi faccio capire. Vedo tutto, ma sono
invisibile. E sono stufo di fingere, di farmi coraggio, di andare a
letto e di alzarmi al mattino. Stufo di essere chi non sono, di non
trovare un posto, di ripetermi che non è così che immaginavo
andasse. Disperatamente stufo di cercarmi nello specchio vuoto, di
vederci se mai uno che non mi piace. Cosa sono stato io? Cosa è
stato questo spendermi, questo mettermi da parte, cercando di rigare
dritto, di non imputtanirmi, di non sputtanarmi più che tanto? Cosa
è stata la mia vita piena di vuoto? Chi l'ha svuotata? Sono stato
forse io, mentre cercavo pretesti? Merito dunque il mio rimorso?
Merito la condanna di non vivere in vita? Aiutami!, vorrei urlarti,
ma non puoi aiutarmi. Nessuno lo può se non lo posso io. Tu non
capisci. Tu non ci sei per me. Un caso clinico con l'alibi del
talento. Ma quale talento. Ed io, che m'illudo di avere aiutato
tanti, non posso farmi aiutare. Non ce la faccio più a spiegare, a
tacere, a sentirmi pesce fuori da ogni acqua, a cercar di capire.
Dovrei essere sfrontato? Rinchiuso? Indifferente? Come faccio a farmi
incontro a un'età che non mi appartiene, come faccio a lasciare
indietro i miei sogni di eterno adolescente? Senza di loro, non avrei
scritto una riga. Ma sono stati ossigeno o diossina, mi hanno aiutato
ad esserci o è stato inganno? Io adesso non ho più voglia di
niente, non di te, non di me, non di cercarmi, non di spiegare. Un
giorno vado via, in silenzio, e non sarò mai stato. Vorrei assistere
al mio funerale, capire se a qualcuno sarei mancato. Ma che importa,
poi? Tutta questa gente contenta di sé, delle proprie prostituzioni.
Ed io, pago di resistere, mi ritrovo un sasso in fondo al fiume,
senza neppure un Dio da bestemmiare. Ho sempre risolto tutto da solo,
ma io sono la mia tosse, sono Dio che mi sputa addosso, sono l'attesa
di un miraggio, sono la bugia che si scopre. Sono coriandoli
d'orgoglio che vanno via da un uomo, lo lasciano deprivato, senza più
la forza di maledirsi.
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