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PUNTUALISSIMI MAGONI



L'abbiamo visto domenica, una macchia rossiccia sul ciglio erboso di una strada di campagna a quaranta chilometri da casa: stavamo raggiungendo un paesello preappenninico per un raduno d'auto storiche a bordo di una Alfetta del '74. Un cagnolino di pelo fulvo e dal muso furbo, così grazioso, accoccolato tra le sterpaglie, e non abbiamo potuto non fermarci: siamo tornati indietro, siamo scesi, il cagnolino ci guardava curioso. Allora abbiamo chiesto lumi a una casa lì vicino: sì, è randagio, mangia quello che trova nei cassonetti; anni fa devono averlo investito, però si è salvato. A cuore rotto, siamo risaliti, e per un problema di coscienza: se mio suocero ci vede arrivare con un bastardo nella sua macchina d'epoca, o muore lui d'infarto o ci accoltella secchi. Ma già eravamo conquistati, e, il giorno dopo, siamo tornati. Con il nostro catorcio. Era pomeriggio, non sono riuscito a ritrovare il posto, queste mulattiere di montagna si assomigliano tutte, abbiamo guidato per 4 ore e oltre 200 km, tutto intorno, finché non ha scurito. Col magone siamo tornati a casa, ma mia moglie non si è rassegnata, si è attaccata a google map e, alla fine, Dio sa come, ha scovato il punto preciso. Stamattina siamo ripartiti e, questa volta, eccolo il cagnolino. Sempre accucciato al solito posto. Abbiamo saputo la sua storia, una storia guareschiana: era il cane del parroco, della canonica, poi il prete è morto, tre anni fa, e da allora il cagnolino vive allo stato brado. Ci abbiamo messo una scatoletta di patè, tre fette di salame, fornito dall'unico bar dei paraggi, e un bagno di sudore per adescarlo: più di un'ora dopo siamo riusciti a farlo salire in macchina, e ci sembrava già nostro: eravamo pronti a dargli una casa, una nuova vita, un mare d'affetto. Pronti ad ogni sacrificio, e Dio sa se non siamo già al limite. Ma non avevamo calcolato il richiamo della libertà: non si è rivoltato, non ha cercato di morderci, ma è entrato in agitazione, grattava contro i vetri, prendeva a mugolare. Ad ansimare. Abbiamo aspettato un po', magari si calma. Ma lui, anche se si lasciava parlare, carezzare, non se ne dava per inteso, si disperava sempre più. Guardava fuori, al suo posto, improvvisamente irraggiungibile. Alla fine mi sono deciso, gli ho spalancato la portiera e lui al suo posto è tornato, sul ciglio della strada, e ci guardava. Sembrava sorriderci: grazie, apprezzo lo sforzo, ma io sto bene qua. Proprio vero, la libertà è una lezione che non finisce mai. Siamo tornati mogi come cani, e questa volta il magone era un lago nel nostro cuore. Pazienza, siamo sicuri di avere deciso per il meglio e, se non altro, ci siamo tolti il pensiero. La domanda, se mai, è un'altra: due persone, una coppia di mezza età, che perde tre giorni, che si fa trecento chilometri per correre dietro a un'illusione, che vive per i suoi tre gatti dai quali è tenuta in ostaggio, che speranze ha di sopravvivere a questo mondo? Non saremo, mia moglie ed io, due scemi sentimentali, destinati a farsi sempre calpestare da tutti? Non saremo due poveri illusi, due alienati che invecchiano senza mai essere diventati adulti, senza anticorpi sociali, prede dei nostri sogni, dei nostri puntualissimi magoni?

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