Il Dio delle Scritture e
dei Libri, delle religioni più o meno rivelate, non esiste, non può
esistere, i suoi ministri, di tutti i culti, per difenderne
l'illusione ricorrono agli stessi trucchi da contrabbandieri di
sigarette, “dimostrami che non c'è”. Quando il punto è l'esatto
contrario, la dimostrazione della realtà, che spetta a chi la afferma, di uno che nessuno ha mai
visto, missione impossibile che viene risolta con i soliti argomenti
deboli, suggestivi, gli uccelletti che cantano, l'azzurro del mare e
del cielo e il terrore della punizione divina per i miscredenti, il
loro discredito già qui adesso sulla terra. A voler essere precisi,
un segno della divina provvidenza ci sarebbe, è la persistenza del
potere delle religioni, fondata però su millenarie pressioni, su
ricchezze sconfinate, su esecuzioni di massa, torture completamente
arbitrarie, intimità coi regimi criminali, avidità, pedofilia
sistematica, insomma tutte le nefandezze per le quali le religioni di
tutti i tempi si scusano, non rinunciando però a praticarla. In
effetti, se pur ci fosse un Dio, non sarebbe quello millantato dai
fedeli, clamorosamente sconfessato dalla pratica quotidiana: il
principio di casualità che si vuol vedere in un Messia è in realtà
una latitanza che si risolve in arbitrarietà, in aleatorietà di
ogni vita. Il Dio della provvidenza e della misericordia è in realtà
un dio distratto, cattivo, meschino, vendicativo, sadico e
profondamente ingiusto. Lo venerano quelli abbattuti, intontiti dal
dolore e dalla sofferenza, oppure quelli che si ritrovano premiati,
per lo più abusivamente, alla slot machine della vita.
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