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IL MARE DENTRO ME



Il mare mi ha insegnato una concretissima sospensione. Vivere il mare, vivere in mare, mi ha abituato ad una cristallina anarchia, a fare a meno di ogni orpello, a superare i tempi delle convenzioni. Orfano incurabile di una metropoli che mai mi avrebbe consentito tanta autonomia, ho finito per trasformare una piccola enclave marchigiana in una dimensione tropicale e adesso per me è strano perfino vestirmi: una maglietta e un paio di braghini vanno benissimo, almeno fino a che non devo rendermi presentabile per forza. Non tradisco i miei doveri, ma ormai vivo nell'accadere; fin che posso, prescindo da ogni relazione e non do più spiegazioni nemmeno a me stesso. Mi alimento se e quando ho fame, mi riposo quando sento il bisogno, non tradisco il mio ruolo, che è quello di osservare, commentare la società e i suoi protagonisti, ma, che ci crediate o no, il mare mi ha abituato a farlo con un partecipe distacco in bilico fra cinismo e comprensione. Vivere il mare, in mare, ha mutato anche il modo di nutrirmi: ho quasi abbandonato la carne, in parte per suggestioni psicologiche indotte dagli animali che convivono con noi, più realisticamente per qualche recondito imperativo fisiologico: vivevo intossicato, adesso la nostra dieta è strettamente mediterranea, pesce e verdure, pasta sporadicamente, comunque sempre al pesce, e ci siamo sentiti rinascere. Anche questo è respirare. Adesso, fatti salvi gli obblighi contingenti, non abbiamo più orari, non abbiamo obiettivi di rango, se appena ci è permesso la nostra vacanza è più o meno così: arriviamo al mare tardissimo, dopo mezzogiorno, ci buttiamo subito in mare, un paio d'ore, usciamo per consumare un boccone al baretto della spiaggia, immediatamente a caffè ancora in bocca torniamo a reimmergerci per un altro paio d'ore o fino a quando ci va; poi, la sera, si vedrà, possiamo uscire in trattoria oppure riservarci un tavolo in cucina o un gelato secondo estro. E così, senza saperlo, la libertà che ho sempre inseguito ho finito per superarla. Fuori da me la vita è un inferno e peggiora ogni giorno e ho a che fare con mille difficoltà, peggiorate da chi mi sta intorno. Ma c'è qualcosa che prima non c'era, ci sono io che mi sono sciolto da tutto, anche da me stesso e così mi sono ritrovato. L'ho sempre saputo che finiva così, che finivo così, come una specie di marinaio senza porti, solo non sapevo quando. Ma è come se la società degli integrati, che non mi ha mai accettato o alla quale non ho mai saputo adeguarmi, definitivamente non avesse più senso per me. Mi sono ritrovato, raggiunto, mi sento come devo essere, lavate via tutte le possibilità illusorie, gli incantesimi della vanità, i baci letali delle sirene. Io sono questo, e nient'altro che questo. Io sono un ribelle che non fa rivoluzioni, non vuole cambiare il mondo, ma non ha mai saputo tacere né compiacere. Sono uno che invecchia come un bambino, dopo avere vissuto, sentito, sofferto molto più di quanto avrebbe voluto, e comunque più di quasi tutti quelli che ha incontrato. So parlare con i gatti, so ascoltare la voce del silenzio e non ho più quella vuota premura. Adesso, tutto quello che devo fare è difendere il mare dentro fino alla prossima estate.

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