Ogni tanto premiano
qualche genio della scienza o della matematica e quello si rivela di
una banalità ammorbante: sono molto emozionato, dedico questo
traguardo ai miei genitori, spero di vedermi di più con mia moglie
(intendi, popolo di normali: siamo talmente genii, tutti e due, che
non abbiamo il tempo che voi comuni sprecate). Ora, lungi da me non
riconoscere l'immensità sovrannaturale di certi cervelli, architetti
di scoperte delle quali anch'io beneficerò: è solo che per me il
genio sta altrove, lo cerco altrove, è nell'irriverenza
incontrollabile di Carmelo Bene che non lo puoi fermare non lo puoi recintare, sta in Johnny Rotten che ti manda
affanculo mentre lo celebri e “odio tutti”. Non importa quanto ci
sia di costruito, anche questi sovrumani delle formule poi indulgono
alla società dello spettacolo, si fanno filmare mentre fingono di escogitare una stringa lunghissima, estenuante
col gessetto (si può immaginare un cliché più atroce, infantile,
ritardato?). Vecchia storia, chi ha un dono clamoroso in una
attività non è detto si distingua anche nel resto dello scibile
umano, e per fortuna altrimenti si rifluisce nel superuomo
nietzschiano, di Leonardo ce n'è uno e basta e avanza, gli
strafalcioni dei fuoriclasse non si contano, lo stesso Leopardi era
una testa sfondata che tutto capiva ma in niente riusciva. Questi
semidei dei numeri, degli atomi, delle meccaniche celesti sono degli
incurabili pallosi, suscitano in egual misura ammirazione e
sbadiglio, io li vedo come dei mostri in tutto e per tutto, degli
scherzi di natura, esemplari irripetibili che scontano il loro
abissale talento con altrettanto vertiginose lacune. Anche gente che
si prende terribilmente sul serio, forse non per sua colpa, ma
tragicamente compresa nel ruolo: perché c'è la gabbia del
giornalista impegnato, della rockstar maledetta, e poi c'è quella
del genio non ribelle ma integrato, prevedibile fin nella camicina
bianca candida immacolata e nel capello liofilizzato, al massimo
un'ombra di curatissima barbetta petulante. Per cui non ne ho
soggezione, neppure teorica; mi rifaccio alla imperitura riflessione
del Perozzi in “Amici Miei”: cos'è il genio?, eccetera. Diciamo
che sono ancora in attesa del prodigioso matematico di turno che,
intervistato dal tg, dichiari con un lampo stravolto negli occhi: con
mia moglie, matematica come me, non ci limitiamo al 69, facciamo
direttamente un algoritmo, così ci scappa un prodotto notevole.
Commenti
Posta un commento