Passa ai contenuti principali

BILL GERMAN - UNDER THEIR THUMB


Venitemi ancora a dire che gli ebook non servono, che il profumo della carta, che che che. Se non c'erano gli ebook, io mai avrei potuto mettere gli occhi su questo libro, che è davvero delizioso – e diverso da tutti gli altri. Imperdibile per un hardcore degli Stones, in particolare se è un baby boomer cascato al momento giusto nella fase della tarda adolescenza dei ragazzi fino alla prima maturità: diciamo da Some Girls a Voodoo Lounge. Scritto in modo impeccabile, profondo e gentile, Under Their Thumb non si sofferma mai sugli aspetti orrorifici e debosciati, fin troppo abusati: in modo assai più intrigante, è se mai la prospettiva di un giovanissimo idealista che rimane folgorato, fonda una fanzine, riesce a portarla all'attenzione della band e finisce nell'orbita. Anche così, diventa difficile sopravvivere, le assurdità sono all'ordine del giorno, i paradossi, pane quotidiano: i Rolling Stones sono una multinazionale che può snobbare un invito alla Casa Bianca, si arriva al punto che gli stessi musicisti mettono in guardia il giovane Bill: non ti fidare dei nostri avvocati e manager, sono dei ladri, degli squali; e a volte debbono in prima persona salvare l'inesperto, entusiasta idealista da conseguenze letali. Non sempre, certamente: gli Stones sono pur sempre gli Stones, strategicamente si circondano della gente più cinica in circolazione (lo sono loro per primi, d'altronde) e salire sulla loro giostra è problematico anche per loro medesimi; come dice Keith, “siamo i primi ad avere le mani legate”. Anche così, soprattutto così, esce fuori uno spaccato imperdibile delle meccaniche e le dinamiche interne, del progressivo scivolare su una china sempre più avida, mercantile mentre Bill resta integro e moltiplica fatiche e impegno per poter fornire ai suoi lettori un prodotto sempre amatoriale, sempre scrupoloso. German, e la sua è una grande lezione di giornalismo, non forza mai i toni, in nessun caso: è il protagonista del suo racconto, ma sceglie, deliberatamente, di restare sempre un passo indietro e confinarsi al ruolo di spettatore. “Io resto un fan”, ripete spesso, come per avvertire chi legge. Un fan che ha accesso al sancta sanctorum, ai parties, perfino al palco mentre gli Stones stanno suonando. Che viene cercato, egli, da loro, e spesso riesce a mettere una pezza agli sfondoni dei media ufficiali. Dalle sue pagine non traspare mai un giudizio, è tutta testimonianza: dopodiché, il lettore è perfettamente in grado di capire chi, in quella sarabanda, sia chi, quale il più ambizioso, quale il più affabile. Ci sono gesti nobili, enormi, da parte di Keith, ma si intuisce che quello che più facilmente si conquista l'affetto è Woody, con la sua inaffidabilità, la sua sindrome da deficit d'attenzione, le sue banane e la propria vulnerabilità di fondo. Tanta dedizione e devozione non basta: dopo diciassette anni di incubo formidabile, Bill German si ritrova a cullare insani propositi d'avventurosi suicidi; capisce che il suo tempo è venuto, riesce a staccarsi. Ciò che lo condanna e lo salva, è la decisione di restare indipendente, non accettare più pass laminati, accessi totali, occhi di riguardo, di uscire dalla confidenza della Grande Armata dei Rolling Stones (dove, ovviamente, c'è chi lo guarda in tralice, proprio perché è diverso dalla masnada di parassiti e megalomani che da sempre girano intorno all'universo del gruppo). Il newyorkese Bill German alla fine sceglie l'integrità, in segno di rispetto verso se stesso e verso i propri lettori. Immaginatevi qualcosa di simile qui in Italia, provincia dell'impero dove chiunque è pronto a millantare, a vendere un saluto di straforo, un invito da imbucato, qualsiasi cosa pur di entrare nel giro, e di restarvi. Scorrono le pagine, e non c'è mai un momento di noia. Ti ritrovi a ciondolare coi ragazzi – e, naturalmente, con Bill, che a questo punto è diventato un amico. Lui è un antieroe, è l'Uomo Ragno del rock, quello che ha capito come da grandi poteri derivino grandi responsabilità, e che, alla fine, è più saggio rinunciare a queste e a quelli. Lo immagini in un'alba livida sperso tra i grattacieli di Manhattan, e penseresti che è l'ultimo uomo sulla faccia della terra ad essere uscito da una nottata spesa con Ron Wood a bere, scrivere, suonare, e pelare i fagiolini.

Commenti