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INNOMINABILE


Scherza coi santi ma lascia stare i profeti. Se ti fai un giro su Facebook alla ricerca di blasfemia cristiana, trovi un tripudio di pagine dedicate, profili personali, roba talmente oscena e virulenta da fare impallidire il feroce Saladino e persino i più audaci disegnini di Vauro, tutto nella più asettica tolleranza. Anche pagine e gruppi satanisti sono accolti con bonaria comprensione. Se osi prendertela con l'altra religione, l'unica che non si può criticare e neppure nominare, sei fuori, out, smammi, ti segano. Se scrivi di parallelismi evidenti, visto che sono gli stessi artefici a ribadirli, tra il terrorismo e la religione che non si può criticare, Facebook ti blocca subito. Se denunci i guerrafondai occidentali, sei il ben accetto; se risali alle faide in seno all'unica religione che non si può nominare, e che durano da 1400 anni, sei persona non grata, vieni immediatamente bombardato dai cecchini del social e sei messo in quarantena. Se auguri la morte di un leader qualsiasi, per non rischiare diciamo Trump, Facebook ti propone di sponsorizzare la pagina; se osi sollevare il più tenue rilievo sul sindaco di Londra, quello della religione che non si può nominare, subito Facebook ti fulmina. Se, come succede di regola, e a richiesta fornisco la casistica, dici che politicamente, storicamente la Palestina non ha, o non ha ancora, un suo Stato, il che è verissimo visto che è precisamente l'oggetto del contendere, del trattare e anche dello scannare, ti bannano a vita; se ti scateni contro gli ebrei, i sionisti, i semiti, ugualmente Facebook ti propone di sponsorizzare il contenuto. Se fuori fa -14° e tu posti la foto di una tormenta con sotto il commento “non se ne può più di questo riscaldamento globale, maledetto capitalismo”, Facebook non trova niente da obiettare; se contesti dati farlocchi con dati certi che smentiscono il pallone dei cambiamenti climatici, Facebook ti scarica addosso un blocco caldo caldo, anzi rovente. E via discorrendo, anzi via censurando. A questo punto non è questione né di algoritmi né di distrazione, è una precisa scelta politica ossia commerciale. Per esempio, pare che i controllori delle pagine di Facebook francese stiano, strategicamente, in Marocco: campa cammello, se aspetti la laicità di quegli occhiuti. Solo che un giorno, quando sarà tardi, anzitutto per gli occidentali, vittime che si incolpano, emergerà pure la sconfinata responsabilità del signor Zuckerberg nella sua opera censoria che, proibendo la comprensione dei fatti, impedisce di conseguenza l'analisi dei medesimi, insomma istupidisce. Anche per questa strada possiamo assistere al capolavoro logico-dialettico di quelli che, da atei illuminati con vista Colosseo, Battistero o Madunina, disprezzano in fama di bigotti (lo sono) i vari Adinolfi e Binetti “ma” esaltano i seguaci della religione che non si può nominare e che è la più fondamentalista e bigotta di tutte, come lo è chiunque, rimasto al tribalismo mistico, non sappia prendersi una responsabilità morale, politica, storica, personale ma faccia rifluire sempre e comunque tutto alla divinità dell'unica religione che non si può nominare, pretendendo, accusando e se è il caso facendo saltare le comunità che, all'insegna della tolleranza, lo ospitano, lo includono, lo mantengono, allevano i suoi discendenti. Questo messaggio si dissolverà da solo appena lo avrai letto, non si sa mai.

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