Ancora su ponti muri e
marce. Vivo in un paese di mare, e tra un mese ci sono le elezioni:
il lungomare è una passerella di clandestini che vendono di tutto,
notoriamente per conto della camorra. Nessuno si azzarda a dire una
parola, non il sindaco uscente, che niente vede e niente fa, non lo
sfidante, un tipo tutto legge e ordine, ma fino a un certo punto, gli
stessi leghisti, che qui dovrebbero essere tre o quattro, per non
passare per razzisti non fiatano e i vigili non passano e, se
passano, salutano. Che bella integrazione: ho visto qualche (eterna)
candidata, di destra, contrattare: no, cinquanta euro per 'sta borsa
sono troppi, è una imitazione, te ne do venti, e l'altro che le
rideva in faccia: del vucumprà storico non hanno più niente, li ho
osservati e ho notato, con sollievo, che nessuno di questi venditori
fuorilegge è patito, scavato o ha l'aspetto sofferente, mani
curatissime, telefoni alla moda, non hanno neppure lo scrupolo di
farsi vedere un po' dimessi: o questo traffico fuorilegge rende, ma
non credo, oppure le cose non tornano, a cominciare dai soldi
sborsati per arrivare qui sottraendosi a destini impossibili. Ma
benissimo, diciamo pure che, come dicono a Napoli, “pur isso adda
campà” (anche se i negozianti non credo siano tanto d'accordo),
però mi chiedo: sarebbe questo il modello di integrazione che ha in
mente la politica e il ceto intellettuale mondialista, ovvero una
illegalità legalizzata nel segno dell'accoglienza? Non sarò io a
promuovere ronde o iniziative, tutt'altro, mi limito a una
constatazione e a una domanda: è questo il futuro che ci aspetta?
Benissimo, mi adeguerò, nel caos mi ci trovo bene, però che almeno
valga anche per me: non posso essere io indigeno a restare nelle
maglie della società legalistica, burocratica, fiscale, mentre per
l'allogeno, per chi entra, la pletora di leggi non vale un cazzo:
così non ce la faccio, così posso solo soccombere. Ora, al di là
dei latrati, destra e sinistra non chiariscono, a Porto san Giorgio
come ovunque, cioè sposano la logica del fatto compiuto, la
rassegnazione che fa comodo un po' a tutti, o quasi: e, ancora una
volta, marce ponti e no muri diventa uno slogan sorpassato,
ampiamente svuotato dalla contemporaneità.
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