Bastano
le motivazioni interiori?
Bisogna arrivare a pensare, a sentire come Paolo e Giovanni
(Borsellino e Falcone, ndi), considerare inevitabile la propria fine.
Questa è la loro storia: la storia di due che sapevano che sarebbero
stati presi di mira, che sarebbero rimasti progressivamente isolati,
e che avrebbero fatto quella fine. Tra loro scherzavano su chi ci
sarebbe arrivato prima: “Tocca prima a me o a te?”, dicevano.
E
poi l’hanno fatta quasi nello stesso momento. Quasi…
Sì…
Che reazione ha avuto?
Umanamente… lo so che è una domanda stupida, però io voglio
sapere la sua reazione di uomo, anche di fratello maggiore, di padre
professionale, di amico. Cosa subentra dopo due tragedie così: la
rabbia, l’accasciamento, la resa…
(lungo silenzio, poi un sussurro, quasi un sospiro parlato)… io
so soltanto che… seppi sempre di sera, per ciascuno dei due
attentati, Capaci e via D’Amelio. So che mi trovai all’improvviso
su un aereo, dopo un turbine di telefonate, e quando scesi mi
ritrovai in questa… incredibile bolgia palermitana… in cui
avevano perso tutti la testa…
Vorrei chiederle un
ricordo breve, brevissimo, di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. Se
lei dovesse raccontarli ai giovani, che poco o nulla sanno delle loro
storie, del loro sacrificio…
Io di Giovanni ricorderei
il sorriso. Ricorderei la luce degli occhi quando si sposò, alla
chetichella, senza che nessuno sapesse… neanche Paolo lo sapeva.
C’eravamo solo io e il sindaco, Leoluca Orlando. Fu l’unico
giorno in cui vidi brillare gli occhi di Giovanni. Lui aveva sempre
uno sguardo un po’ velato… un po’ arabeggiante. Invece quel
giorno i suoi occhi sorridevano, felici come non li avevo mai visti,
e non li avrei mai più rivisti.
E
Borsellino?
Paolo… c’era un legame speciale tra me e Paolo. (lungo, troppo
lungo silenzio). Fin dal primo momento con Paolo ci fu un rapporto
tutto speciale perché… perché lo sentivo diverso dagli altri…
una persona con cui riuscivo a confidarmi, spontaneamente,
naturalmente… poi… lo impressionò, favorevolmente, la
sollecitudine che io dimostravo per alcune sue vicende familiari…
questa partecipazione me lo avvicinò molto… molto… un rapporto
affettivo, sì… profondo…
(altro silenzio, si spande nella stanza tappezzata di foto, di
ritratti dei due magistrati, si posa su un vecchio articolo di
giornale che titola a caratteri cubitali: “Borsellino vive”).
Firenze, l'antivigilia di Natale 2001, dalla mia intervista ad
Antonino Caponnetto per “il Mucchio Selvaggio”.
Ti ringrazio per questo ricordo, che si lega ad altri momenti in cui hai avuto occasione di richiamare la figura di Caponnetto, e quindi anche Falcone e Borsellino, e nei quali personalmente ho sempre percepito da parte tua una stima che mi è parsa profonda e quasi commossa e sgomenta per quel che poi è accaduto. D'altra parte, neppure mancano da parte tua le polemiche, di volta in volta ironiche o addirittura violente verso la cosiddetta "antimafia", nelle sue varie articolazioni. Del resto, di "professionisti dell'antimafia" parlava Sciascia e mi sembra non fosse un mafioso. Questo sarebbe un buon momento per fare un po' di ordine, e mettere dare a ciascuno il suo, se ti va.
RispondiEliminaFrancesco