NOTTE SERENA
Uno aspetta la primavera
tutto l'anno e quando arriva si ritrova steso con l'influenza. Mi ero
salvato quest'anno, complice il vaccino, si vede che questo è un
ceppo nuovo o non so che altro, ho girato troppo in questo periodo,
insomma: beccato. E guardo fuori, vedo la luce, torno sul letto,
provo a leggere, ad ascoltare ma la testa è un alveare. Non riesco a
rispondere al telefono, non provo a concentrami, e una gran voglia di
dormire che si arrende però. Arrivati a una certa età, le influenze
sono una grande, tragica perdita di un tempo che non puoi recuperare,
ore, giorni buttati via dalla finestra anche se non la apri. Il mio
tempismo è sempre stato perfetto, ho puntualmente perso ogni momento
sognato, è una delle costanti di questa vita e mi sorprendo a
fantasticare del mio funerale, di un'aria diversa, una vita fa, il
chiarore che s'insinuava al mattino ed era sabato, e il sabato si
facevano cose strane, ci si fermava a ascoltare: il traffico,
l'attesa, il sole, tutto era diverso e non trovavo niente di strano
nel divagare per il quartiere che conoscevo più di me stesso, così
come non mi pare assurdo adesso, ripensandoci. C'era il mercato,
c'era la piazza, c'erano i giardini e tutto di sabato si trasformava
nella mia anima. Poi veniva la sera ed era più scintillante anche
quando era squallida, usurata. Mi alzavo col sabato in cuore, adesso
non è sabato mai, neppure un giorno all'anno, neppure di sabato.
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