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INUTILE

NOTTE SERENA


La mia vita è stata complessivamente brutta e continua ad esser brutta anche adesso che sta nel suo tratto discendente: niente autorizza il sospetto che possa migliorare, tutt'altro, e direi che, potendo scegliere, alla verifica dei fatti, mi sarei abortito a nascere. La gioia è una finzione da rinnovare ogni giorno, una menzogna proiettata in un domani che non c'è e su questi presupposti non mi ci vedo proprio a passare l'eternità ringraziando il Signore in un canto eterno (almeno l'Islam promette spassi più vivaci). Non ci credo perché non posso crederci, perché non mi va di crederci, perché ho ancora un residuo rispetto di me e della mia sofferenza inutile. Qui non c'è niente da ringraziare, non c'è niente da salvare. Non c'è mai stato. Ci siamo anche rotti i coglioni di trovarcela la gioia dentro di noi, nella primavera, negli occhi di un bambino, insomma di essere poeti. Personalmente mi sento preda di un grande equivoco, di una profonda ingiustizia, fondata sul dovere inderogabile di dare e sul divieto assoluto di ricevere. Troppo tardi ho capito che il Vangelo “sono parole”, come ha detto recentemente un gesuita per legittimare la resa del Cristianesimo all'Islam. Certo, questi fanno il mestiere loro, quello degli illusionisti – ed è un mestiere assai remunerativo, possibilità di carriera, maxipensione assicurata, attico in benefit, tribuna eterna allo stadio. In ogni modo potevano dircelo un po' prima, tanto per saperci regolare.  

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