Qualche tempo fa a una
cena di gala mi son trovato a fianco uno che ostentava disinteresse
per le stragi islamiche in Europa: roba da poco, insisteva, le
emergenze sono altre. Quindi ha avvertito il cameriere che lui era
vegetariano e non sopportava le stragi negli allevamenti. Non valeva
la pena perderci tempo, però, una volta rientrato, mi sono
interrogato sulla schizofrenia che sembra avvolgere la nostra società
dissociata. Le sensibilità sono invertite, le percezioni stralunate,
la maturità si riserva, e si riversa, preferibilmente sulle faccende
infantili. La mania vegan-vegetariana, ad esempio, che è il vezzo di
chi ha poca fame e troppa noia. Oppure il fondamentalismo salutista,
del quale io non trovo effetti: gli italiani, mi accorgo, sono
tornati ad essere un popolo di flaccidi, si vede che o le pappette
“naturali” che tanto apprezzano li trasformano in quello che
mangiano, oppure quanto succede nelle palestre non funziona. E nelle
palestre, scopro, è tutto un boom di (costosi) metodi esotici che a
me sembrano sempre la stessa roba, allunga le braccia, piega le
gambe, tira in dentro la pancia, ma parlare di ginnastica fa brutto,
provinciale, ricorda il sabato fascista, invece scomodare pilates e
tai chi fa sentire tanto simili a Lady Gaga e Brad Pitt. E potrei
continuare, sull'energia, l'ambiente, lo svago, la rete, tutta roba
che tradisce un approccio sempre meno coerente e sempre più
grillesco: vogliamo tutto, però alle nostre condizioni, cioè il
contrario di tutto, e non ci importano i prezzi da pagare.
Ebbene c'è un argine,
uno solo, sul quale gli italiani proiettati nel passato non
transigono e (apparentemente) non si contraddicono: è il
libro-di-carta, questa ultima thule del gusto vintage. Avendo
timidamente tessuto le lodi del mio caro, pionieristico Kindle, sono
stato subito infilzato dal solito luogo comune di quelli che... il
libro se lo schiudono, lo palpano, lo annusano, quasi che un libro
vada scopato anziché letto. La Madeleine della carta, intendiamoci,
piace anche a me, figlio del Novecento, ma quando si trasforma in pulsione erotica non si
può non subodorare qualche complesso d'inferiorità: non ho mai
visto nelle librerie gente sballarsi sniffando carta, ne ho spesso
vista sbandierare i volumi come uno specchio di coscienza e di
identità. Tanto feticismo è sospetto da chi rumina musica su
youtube e cede a quotidiane orgie di selfie senza rimpiangere la
Polaroid, ma sul libro non ragiona: i fanatici come simbolismo
illuminista, d'accordo, ma per molti è solo una sorta di pigrizia,
se non di supponenza. Io, che sono del settore, avrò un approccio
diverso, più pragmatico, meno decadente, ma posso dire che il Kindle
mi ha cambiato la vita e me lo godo senza problemi e senza
considerarlo un antagonista dei testi profumati, se va bene di casa,
altrimenti di muffa, che riposano nella mia biblioteca. A nessuno
passa per la mente che uno strumento del genere possa essere
adoperato cum grano salis, distinguendo in ragione delle esigenze e
anche dell'opportunità (niente come un trasloco fa apprezzare la
digitalizzazione).
Invochiamo la scuola
virtuale per i nostri figli, gli mettiamo un aggeggio in mano all'età
di tre anni, cediamo a tutto, toglieteci tutto, ma non il libro old
fashoned, mirabile oggetto di arredamento e di conversazione.
Risultato: vagonate di libri doppiamente costosi leggiucchiati,
lasciati a metà, che potrebbero venire conservati in una tavoletta
da pochi grammi (oppure cancellati) e invece languono dimenticati
sugli scaffali domestici. Però vuoi mettere il frisson di possederli
appena te li porti a casa. Maledetto il libro elettronico e chi lo
lesse: appena ho provato a accennarne, qualcuno ha impugnato lo
smartphone e, tramite l'app di Facebook, ha sparato un commento
calibro 45 contro tutta questa tecnologia inutile.
Commenti
Posta un commento