Il paradosso non è di
chi è scettico, ma di chi è entusiasta. Dell'Europa di vetro, dico:
una entità gassosa, inesistente, che non solo non sa difendere gli
Stati membri, e dunque i suoi stessi cittadini, dai terroristi, ma
impone addirittura di chiamarli vittime: la disinformazione sulle
matrici fanatiche, dirottate in psicotiche, viene dai falansteri di
Bruxelles e di Strasburgo, anche se i media continentali si adeguano
volentieri. Ed è una distorsione micidiale, che impedisce di
prendere atto della realtà, che è una realtà di aggressione e di
guerra su precise basi fanatiche, non tanto economiche. Se proprio
bisogna operare un fact checking, un controllo alla prova dei fatti,
non serve neppure durare tanta fatica: è l'Europa di vetro stessa a
dire, anzi a dirsi, tra un convegno e un pranzo, che così non va,
che occorre fare di più, che serve un coordinamento di polizia, che
occorre una struttura investigativa comune, che il problema dei
migranti non si può scaricare sui singoli Paesi (Italia), che, che,
che... Eppure, gli euroentusiasti non mollano: ci vuole più Europa.
Cioè più di questa incompetenza e inesistenza. Più di questa
entità che ha il suo cuore nella capitale più islamista d'Europa. E
se uno prova ad osservare che no, ce ne vuole meno, perché se una
entità sovranazionale convinta che “sospettare è reato”
disabitua le singole nazioni a provvedere spontaneamente, allora il
guaio è duplice, passa per Salvini, per Trump. Non si può essere
razionali, scettici sulla base delle proprie verifiche e convinzioni,
subito ti ascrivono a qualche militanza. Non si può osservare ciò
che sta sotto gli occhi e cioè che nell'Europa della tolleranza e
dell'accoglienza crescono le sacche di radicalismo islamico a scapito
di quello moderato. E le stragi, di mare e di terra, continuano.
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