In questo momento tutti
festeggiano, giustamente, l'impresa dell'Italia contro la Spagna. Ma
io voglio scrivere un pensiero per una tragedia che ormai non fa più
notizia, tanto si ripete sempre uguale e sempre più spesso: nel
Salernitano, in cinque minorenni violentano per tutta una notte una
coetanea, rapita e trascinata in una squallida autorimessa deserta.
Ecco, a me non interessano i discorsi, le statistiche, le
considerazioni, le denunce teoriche, grandi come il mondo e
inconsistenti come il fumo, e altrettanto tossiche; quello che so, è
che quella ragazzina non sarà mai più la stessa. Tutta la sua vita
ne uscirà segnata, e ha solo sedici anni. E non ha fatto niente per
indurre quello strazio, non le si può neppure addebitare una
condotta in qualche misura superficiale o spericolata: camminava per
strada, per conto suo, ed è stata portata via. I suoi carnefici,
perché tali sono, abietti carnefici, sono stati subito spediti nella
solita comunità di recupero, coccolati e annoiati. "Perché
altrimenti - si dice in questi casi - a mandarli in galera li si
trasforma in delinquenti". Ma più di così? No, così proprio
non va, così non funziona. Questi in galera debbono stare, e
restare. Non da un imbecille di operatore o sacerdote sociale che
pretende di discuterci. Laidi, vigliacchi sono, e debbono capire che
la viltà non paga. Scusatemi se non sono abbastanza progressista, in
caso i lettori delusi possono lasciare immediatamente questo mio
spazio e lo capirò. Ma io vorrei giustizia, e la giustizia deve
essere proporzionata al male compiuto. Voi potrete obiettarmi,
cristianamente, o forse solo cattolicamente, che, così, la giustizia
diventa vendetta; io controbatto che è proprio così, spesso le due
cose finiscono - e non possono non finire - per coincidere. No, io
non accetto che cinque carnefici vengano spediti a far barchette di
carta per qualche giorno e poi riassociati subito a famiglie
"normali" fin che si vuole, ma che evidentemente a quei
loro figli hanno saputo trasmettere solo una normalità fatta di
prevaricazione e di squallore. Non prendiamoci in giro: ragionare, o,
come usa dire, "confrontarsi" con un branco di stupratori
non serve a nient'altro che a corroborarli nella loro indole malvagia
e infame: constatando che non rischiano niente, non possono che
uscirne confortati nella brutalità. E, a quel punto, ogni denuncia,
ogni discorso, ogni indignazione si riducono ad un ipocrita lavacro
di coscienza collettiva. Bene, io questo metodo sociale non lo
capisco, e, per parlar chiaro, non mi piace. Non mi piace questa
impunità mascherata da giustizia; preferisco, al limite, la
giustizia che coincide con la punizione, o, se preferite, con la
vendetta.
notizia simile dalle parti di savona, tre minorenni abusano della ragazza di uno di loro: sono tre calciatori. commento in ufficio (da parte di donna): "eh, ma così si sono rovinati la carriera". la vittima? come non esistesse. non c'è speranza.
RispondiEliminavit
Eppure dovrebbe essere evidente che una giusta e severa pena, scontata sino all'ultimo giorno sarebbe l'unica possibilità di rendersi conto sino in fondo dell' enormità commessa. Invece prenderanno in giro i soliti psicologi fregnacciari e una ragazza sarà meno viva nell'animo.
RispondiEliminacenzino
..continuo a non capire perchè a chi commette reati di questo tipo non venga applicata la castrazione chimica...
RispondiEliminaCosta poco e agisce subito. Vuoi mettere invece il business della prevenzione, la riabilitazione, la consolazione nella comunità-resort del don di turno?
EliminaC'è tutta la filosofia catto-comunista del perdono, degli ultimi che devono diventare primi, figlioli prodighi e di puttana vari . A monte di tutto il business di cui parla Massimo. Povera povera ragazza
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