A proposito del dentista bracconiere Walter Palmer del Minnesota che per puro capriccio ha fatto fuori un leone amatissimo in un parco dello Zimbabwe, pregiudicandone tra l'altro l'equilibrio naturale, il giornalista Luca Mastrantonio sul Corriere rileva l'imbarbarimento social: gesto orribile, si capisce, ma attenzione a non scadere nella jungla morale. Certo, i divi di Hollywood che dirigono il coro degli invasati inducono fastidio, come la Mia Farrow che pubblica su Twitter l'indirizzo della clinica del cacciatore. Per non parlare dei fanatici che gli vanno sotto casa travestiti da leone. Io però sono tra quelli che hanno contribuito nel loro piccolo alla gogna e non me ne pento, e sì che di gogne subite ho una cerca esperienza. Come mai non mi pento? Perché in questo caso il dentista bracconiere è colpevole (e impunito) oltre ogni ragionevole dubbio. È uno che in vita sua ha massacrato decine di animali stupendi e liberi, sia pure nelle riserve, uno che si esibisce, con la sua dentatura del cazzo, coi suoi trofei, uno che può corrompere le guardie a botte di cinquanta, centomila dollari per togliersi lo sfizio di una caccia vigliacca. Infine, uno che si dice pentito perché si sente braccato. Mi spiace, non ci sto. Uno così è un criminale, una vita a perdere, che colleziona vite e le rende carcasse: il fatto che si tratti di animali non lo scusa e saremo lombrosiani, saremo non migliori di lui ma le facce parlano e la faccia di questo farabutto racconta proprio una brutta storia, una vita tronfia, vita a perdere. Dopo il leone, ultimo di una serie infinita di massacri, voleva abbattere un elefante, si sentiva onnipotente, lavorava, guadagnava per uccidere. Non è uno che si pente, è uno che aspetta che passi la bufera per ricominciare, uno psicopatico incapace di capire il proprio orrore ed è uno che, c'è da scommetterci, se agisce diversamente nel consorzio sociale è solo perché vi è costretto dalle convenzioni e dall'etica borghese del mercato, insomma uno che riga dritto per mantenere uno status ma appena può ruba, evade, prevarica, magari dietro la facciata del professionista irreprensibile. Dite che non toccano a noi certe valutazioni? Lo dite voi, qui non si condanna ma si giudica, che poi è il grande equivoco della morale cattolica. Io uno che si diverte a torturare un animale per 40 ore poi lo finisce, lo scuoia e se ne fa una pelle da sfoggiare, lo giudico. Non spetta a me la pena, ma ammetto tranquillamente che sarei spietato. E non venitemi a dire che divento a mia volta animalista fanatico, l'animalismo non c'entra e non c'entra il fanatismo, è solo la rabbia che assale di fronte alla banalità dell'impunità: se per una volta questa lurida regola può venire infranta, ci sentiamo autorizzati a fornire il nostro modesto contributo.
La pena di morte ufficiale? No, quella no, siamo, restiamo contro la giustizia divina di Stato. Non siamo Dei, né metafisici né istituzionali, non aspiriamo a diventarlo. Ma la legge degli uomini è notoriamente parziale, cieca con i deboli, con mille occhi di riguardo per chi può pagarsela e allora diciamo che ci sono tanti modi per rovinare la vita a un mascalzone anche risparmiandogliela, dal fisco alle mille vessazioni legali fino al classico incidente. Statene pur certi, uno così non diventa fra Cristoforo, resta un Griso sia pure di animali: ma la ferocia non è minore, non è meno grave. Non dipende da noi amministrare la giustizia, come ammonisce Mastrantonio che è giovane e ancor pieno di ideali ma noi abbiamo forse una esperienza di vita più ingrata, più disperata e sappiamo che gli uomini non cambiano, se cambiano diventano peggiori. Il dentista bracconiere non nutre alcun rimorso, teme semplicemente per sé e per la propria attività e di questo, ci perdonerete, non ci disperiamo affatto. A viso aperto lo abbiamo, per il nulla che contiamo, additato e non esiteremmo a fare quanto in nostro potere per spazzarlo via. La gogna verso un innocente, un diverso, un indifeso, quella è oscena e da stroncare. La gogna verso un farabutto simile, anche se sa di ordalia, per quanto ci riguarda è un felice contraccolpo del web anarcoide che ogni tanto complica la vita a chi è abituato a prendersi quella degli altri, umani o meno, facendola sempre franca.
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