Sempre più ci incontriamo, per abbandonarci. Siamo noi, siamo i cattivi pensieri, quelli nati male per vivere male, quelli che si cercano a vicenda, si trovano, si affidano. E poi si perdono. Siamo noi, ci disperiamo l'un l'altro senza guarirci, abbiamo paura di quelli che siamo e che non siamo stati, siamo quelli che guardano gli altri passare e non capiscono come possano reggere al gioco della vita, come possano godersela e per un attimo li invidiano ma dopo inorridiscono perché ad essere come loro non saremmo noi, con tutti i nostri scompensi che ci tengono insieme: vedere le vibrazioni del dolore, ascoltare un filo d'erba crescere. Siamo noi, alcuni stanno male davvero, altri si sentono in dovere di ferirsi, ma nessuna terapia, nessuna psicanalisi, nessuna medicina può fare granché perché noi siamo avvolti da una camicia di forza che ci avvolge, quella dei nostri sensi, i nostri sensi di bambini sbagliati, ce la portiamo addosso, ci soffoca, ci stritola e lo fa da dentro, una patina sulla mente, sulle ossa, sui nostri movimenti. Siamo noi, siamo i cattivi pensieri, ci confidiamo il nostro essere di vetro, il nostro rifugiarci in un passato che ci pare meraviglioso, o almeno più sopportabile, solo perché è lontano, perché è passato e perché il presente non c'è e il futuro promette d'essere ancora più aguzzo. E sappiamo che l'inculata del Tempo è proprio questa, dipingere coi bei colori quello che era nero, o grigio, o bianco, e se per caso è stato bello davvero lo vorresti indietro, e se invece è stato orrendo lo vorresti indietro per riviverlo tutto diverso e in ogni caso non puoi farci un cazzo, solo constatare che non ci sei più e rimpiangere quello che eri o avresti potuto essere. E così vai a cercare i fantasmi di te nelle vecchie strade, i tuoi sospiri, i saluti, i baci che non hai dato e non hai avuto, adesso che sei invecchiato invano vai lì a cercarli rimbalzare negli angoli, ma non li trovi, non ci sono più. Siamo noi, che scocchiamo frecce fuori bersaglio, che abbiamo questo ruolo, di prato basso per i vincenti. Sempre di più ci incontriamo, ci perdiamo per strada, anche senza vederci, senza conoscerci, ci basta uno schermo, una bacheca virtuale, una lettera accesa che non si accartoccia e non si cestina, resta lì a brillare come un semaforo della coscienza. Come un rimorso. Siamo noi, ci disperdiamo l'un l'altro senza esserci salvati, siamo i cattivi pensieri, quelli che non si rilassano, che dormono male, più che altro svengono e non sanno ridere e ridono troppo e troppo rumorosamente e sono pieni di cose non dette, pieni di conati e di sogni stuprati, di crepe che non si riempiono, di cicatrici inutili, se vedono un tramonto davanti agli occhi pensano, ecco, adesso arriva qualcosa, qualcuno e me lo porta via.
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