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SENZ'ALI


E bisognava passar per tutto questo, buttare via una vita, farsi fraintendere, compatire, odiare, infine raccontarla sprecata per capirsi e scoprire d'essere ancora vivi. Bisognava radunare tutte le sconfitte, i fallimenti, gli incidenti e farne un libro e farsi male fino a non poterne più per provare la strana sensazione di non avere più niente da dire a nessuno. Inconsueta, insidiosa condizione. Nella conveniente distrazione degli addetti ai lavori, hai visto mai che il primo stronzo si permette il lusso di fare a meno del sistema e di lasciarli tutti sotto. Mi era capitato già, di finire lassù, ma mai con questa forza: qui si parla di me, e di un mondo, quello dell'informazione, che è simile a un manicomio di meschinità; e il mio viaggio per le corsie dello squallore non teme smentite. E allora meglio lasciar perdere, dimenticarsene, meglio che nessuno sospetti di potercela fare da solo. Senza case editrici, editor imbecilli da disfare nella loro opera di disfacimento, markette sui giornali, prostituzioni televisive, badanti e vecchie zie siliconate, inchini a tromboni. Ma io non avevo più voglia di domandare umilmente spazio, udienza, ascolto. Mi ero rotto i coglioni di sentirmi fare proposte indecenti o semplicemente demenziali. Di rassegnarmi all'inconsistenza, di abbozzare con chi neppure scorgeva cosa io vedevo e avevo da raccontare. Io non ne potevo più dell'accondiscendenza di chi vuole mandarmi a perdere tempo in un rosario di cazzate inutili, solo perché la regola dell'informazione, quale informazione?, quale regola?, stabilisce che si fa così. Dovevo prendere atto che nessuno poteva fare meglio di me quello che io potevo fare. Ci sono arrivato a 51 anni, e questo per me è essere antagonista. Non inseguire patetici roghi metropolitani. Non recitare stantie giaculatorie mandate a memoria. Non consegnarmi a un pensiero gregario e servile. Sì, forse adesso qualcuno ha un problema, ma non sono io. E lo sai perché? Perché possono andare a fare i buffoni dove vogliono, su tutti i canali, possono segnalarsi a vicenda, invitarsi l'un l'altro, scoparsi a comando, possono mettersi nelle mani di burattinai con la qualifica di manager, agente, demiurgo, ma tu pensi che chiunque di loro abbia anche solo un millesimo del rapporto che ho io con chi mi legge? Tu pensi che loro ricevano le lettere che io posso leggere? E non ci siamo mai lisciati, non ho mai voluto compiacere nessuno, Dio solo lo sa. Anzi lo sanno anche loro, lo sapete voi che mi seguite. E pure in questo racconto allo specchio, tutto ho fatto meno che essere accondiscendente. Queste sono le mie regole: benvenuti nel mio mondo, domani tutto questo non conterà più niente, non sarà mai successo ma oggi io con la mia vita sprecata sono quassù e non ho dovuto chiedere permesso a nessuno. Oggi, per un giorno solo, sono vivo. Nemmeno me ne accorgo, perché è troppo tardi, perché sono ormai sterilizzato ad ogni sentimento di rivalsa, rivendicazione, esaltazione. E a maggior ragione non se ne accorgerà chi di mestiere dovrebbe scovare le notizie, e se non la è questa dell'intruso che vince sputando su Babilonia..., ma t'immagini la strizza su per il culo di chi nella Babel s'agita. Ma a questo punto non può importarmene di meno, anzi niente sarebbe stato così bello come questa rivincita da buttare, conquistata tutta da solo. Sì, io sono un uomo che vive di sconfitte, ogni tanto di rivincite, ma in questo momento mi viene in mente solo un verso di una certa canzone: “Io senz'ali ho già sconfitto il vento ed io... ho vinto!”.

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