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LETTERA A DUE GENITORI SCONFITTI


Vedo in televisione i genitori dello studente Domenico precipitato dall'albergo milanese, li vedo prede del loro dolore, le mani nei capelli, gli occhi come vetri spezzati e vorrei loro scrivere, vorrei incontrarli per dire quello che non si dovrebbe dire a un padre e una madre che hanno perso un figlio: di lasciar perdere, di rassegnarsi, ripiegarsi nel loro dolore che tanto si è già capito come andrà a finire, che nessuna giustizia ci sarà per loro. Perché? Perché non sono spendibili questi due nessuno, non bravi a vendersi la tragedia, non telegenici, due impotenti qualunque, patetici nella loro dignità cioè le vittime perfette e di fronte hanno le ragioni false, di schiuma della politica, della scuola pubblica da non toccare, delle strumentalizzazioni virtuose, dell'utilitarismo confessionale, degli altri studenti che “vanno capiti, vanno perdonati” come dice oscenamente una preside che sotto altri cieli verrebbe rimossa. E lo è, oscena, perché ha appena detto che è sicura della loro innocenza “Non posso pensare altrimenti”, ma senti un po' che garantismo sentimentale questa preside, e insieme ammette la realtà opposta. E la sua omertà nell'omertà è lì a dimostrare che la sentenza è già definita, nessuno tocchi Caino una volta di più. Quanti sono i Caino? Tanti più sono, tanto meglio è per loro perché diventa impossibile condannare una scolaresca intera, dimostrarne la fellonia e punirla. È solo una questione di tempo, più ne scorre e più facilmente si dimenticherà, si potrà dire che è stato lo scherzo di una notte, che non si possono rovinare così degli adolescenti, che nessuno voleva fare male allo studente Domenico, dipinto come uno psicopatico, un isterico che si riempiva di lassativi, un ubriacone da festa, un debosciato che si perdeva le mutande. E invece la verità è lì, meno osano pronunciarla e più si staglia nella suo squallore ma è proprio questo a salvare gli impuniti, lo squallore ostinato, dilagante nel quale affondano tutti: i cari studenti, la carissima preside, le ineffabili famiglie, nessuna delle quali si è fatta vedere in chiesa ai funerali, nel sommo disprezzo verso i deboli, i perdenti che un bel giorno volano via. “Parlate, non persistete a nascondervi nella menzogna” ha detto il prete all'omelia, come si rivolgesse a dei mafiosi in boccio. E lo sono, mafiosi, ma allevati bene: la polizia ha detto che hanno concordato i depistaggi e il silenzio, i genitori li confortano, la scuola li protegge: “Non posso pensare alla colpa di nessuno ma comunque vanno perdonati, vanno capiti”, più chiaro di così! La stessa stampa, fiutando il vento, ha già preso a voltarsi dall'altra parte. Ma chi è che si sente di spazzar via lo squallore da una istituzione dove hanno ammazzato un compagno per gioco? Questa non è la magistratura della legge ma quella che interviene per bloccare una app su richiesta di una lobby di tassinari, quanto a dire un corpo scelto che si pone come protagonista fra altri corpi, più sensibile alle ragioni della moralizzazione opportunista, spesso miserabile, che a quella dei codici. Altrimenti avrebbero ritegno nel considerare motivato da sentimento lo scempio di un farabutto sulla moglie con 35 pugnalate. Cari genitori di Domenico, io vorrei incontrarvi per dirvi quello che non va detto ma che ormai sapete benissimo e che capite ogni giorno che passa. Non ci sarà giustizia per voi perché nessuno la vuole, perché la giustizia da queste parti costa cara e né Domenico né voi valete abbastanza per ottenerla.

Commenti

  1. Perdonami Mdp, non capisco quale giustizia debbano cercare questi due poveri genitori.
    Dai riscontri, da quello che si legge, sembrerebbe che la tragedia sia avvenuta come conseguenza di un'idiozia, di uno stupido comportamento abbastanza diffuso tra gli adolescenti in gita.
    Se anche i compagni parlassero, cosa ne emergerebbe? Un gioco divenuto morte? Il simpatico amico di mille avventure che si sporge dalla finestra a defecare e vola giù?
    O pensi che siano stati loro a farlo cadere?
    Nessuna polemica, ci mancherebbe. Solo non ho capito a quale giustizia ci stiamo appellando.

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    1. Io invece non ho capito a quale ingiustizia ti appelli tu

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  2. caro Baz, permettimi : Giustizia e' anche rispetto per la Verita' e la Verita' la si deve ai poveri genitori del povero ragazzo.
    saluti.
    vp

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