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LA FABBRICA DEL NULLA


Finalmente abbiamo capito. Uno passa la vita a lavorare, a prendersi i suoi rischi, a combinare anche qualcosa di buono e poi, come sugheri, vede saltar su questi personaggini odiosi, con certi sorrisi odiosi, con certe facce da scarpate al video e non si spiega da dove siano usciti, che cosa abbiano da dire. Ma intanto warholianamente si moltiplicano, li trovi dappertutto e sempre quella schiuma, quello spray di vacuità, di esibizionismo alienato, quella piattezza superfarcita e per di più ostentando disprezzo e superiorità. Sì, puoi lavorare una vita, commentare una vita le follie degli uomini e lo stesso non arrivare a capire certi meccanismi misteriosi, l'arruolamento nella compagnia di giro dello scandalismo festaiolo, nel fancazzismo televisivo di quelli che, come dice Aldo Grasso, abbassano il livello. Insomma la fabbrica del nulla che detta l'agenda anche all'informazione politica e para-scientifica. Poi, un giorno, tutto si fa chiaro: viene fuori, come una Nemesi, un leak, una fuga di notizie, un processo dove tre o quattro di questi qui sono tirati in ballo come presunti guardoni, delle specie di collezionisti di immagini e allora capisci: salivano dal parassitismo spaventapasseri, dal pollaio vipparolo delle segnalazioni ambivalenti, oggi per lanciarti, domani per sputtanarti. Prendiamo questa Selvaggia Lucarelli che non resiste senza “contare gli scheletri di Mara Venier”, pensa un po' che missione di vita. Chi è questa Lucarelli dal sorrisino sfottente? Da quale scuola, quale gavetta è uscita? Il suo curriculum parla di alcune foto giovanili in sottoveste per lanciare un libro dove chiedeva di essere mantenuta, poi un figlio con un figlio di un cantante-meteora, poi l'obbligatorio ufficio di collocamento dell'Isola dei Famosi che diventano tali dopo esserci passati. Pareva finita lì, la signorina coi suoi sommergibili si inabissa, ma un giorno torna su, passa da un giornale in fama di scandalismo al suo gemello di segno opposto, sempre col sorrisino spocchioso ma nessuno la critica, nessuno si azzarda perché la tipa è finita nel giro di una di quelle agenzie che ti ricreano, inventano amorazzi con pari valore e scuderia e ti piazzano dappertutto. E allora giù servizi indecenti dove spacciano la “blog star” per giornalista irriverente e intelligente, nella gloriosa tradizione della pessima stampa che riscuote sempre ottima stampa. Finché un giorno da un Tribunale escono gli atti di un processo e allora nessuno la difende più, neanche il suo neodirettore che non può decentemente fiatare sugli stessi meccanismi giudiziario-scandalistici sui quali ha costruito la sua fortuna. Adesso questa Lucarelli e altre due o tre facce son rimasti in mezzo e si difendono malamente, passano dalle panzane precotte allo scaricabarile, dalla totale negazione alle ammissioni patetiche, “So che non si deve fare ma non ho fatto niente di male”. E tu finalmente capisci: questi traffichini griffati si agitano nel cafarnao dei segreti inutili, degli scatti futili, dei messaggini insulsi, della conta degli scheletri, dei finti scazzi su Twitter, dell'opinionismo senza opinioni, la fabbrica del nulla di cui è sommo sacerdote l'ex deejay Roberto d'Agostino che difatti li pompa finché gli conviene poi li dà in pasto anche lui, da cannibali a mangiati. E, in attesa del processo che tanto finirà biblicamente, gossip era e gossip ritornerà, tutto sbiadisce, i sorrisi spocchiosi, le facce da schiaffi, le povere prose da lumpensciampiste, tutto lo spray che il cretinismo zelante spaccia per giornalismo nuovo, fresco, di vaglia mentre è il solito gioco penoso e vecchio come il mondo.

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