L'ora cambiava ed io pensavo: è fatta. Quand'ero ragazzo funzionava così. Invece mi separavano dalla felicità altri due mesi di eternità scolastica, i più duri, con molte chiazze di freddo e l'estate non arrivava mai specie a fine maggio quando la città mi entrava dalla finestra con il suo carico di suggestioni nuove ma io non potevo coglierle. Mi riducevo allo stremo. Le vacanze arrivavano e annottava alle dieci e presto saremmo salpati per il mare, una mattina all'alba, in un misto di eccitazione e nostalgia per gli amici del quartiere, per il quartiere stesso da abbandonare. All'epoca, perché mi pare proprio un'epoca, non eravamo “interconnessi” e i rapporti s'interrompevano come in guerra. Tutti sparpagliati tra spiagge, laghi, alture e quando tornavano dal fronte le giornate s'erano già tagliate, quel limbo settembrino era breve e struggente. In un attimo, Natale. Così ho perduto tutte le mie ore cambiate. Adesso aspetto questo riscatto della...