Perché
di sabato era sempre festa anche se si andava a scuola? Perché
fuggendo dall'ultima campanella ci si sentiva di andare incontro a
una vacanza infinita? Perché tutto sembrava nuovo, anche l'aria?
Perché il quartiere era diverso anche se non cambiava niente? E
perché la gente aveva fretta di perdere tempo, e i bottegai non
vedevano l'ora di chiudere anche se niente li attendeva? Perché, se
c'era il sole, a settembre pareva più estate che a luglio, e andare
a giocare a pallone dava una libertà infinita? Perché era così
bello ascoltare la radio di mattina? E il mercato, che ti stufava
appena entrato ma non potevi fare a meno di tornarci ogni sabato? Ma,
soprattutto, come si poteva andare al mercato di mattina se c'era la
scuola? Tante cose non le ricordo, tante si agitano confusamente in
me. Ma so una cosa, che quel sapore di sabato adesso non c'è più e
chissà se è colpa del sabato o colpa mia. So che adesso sabato è
come domenica che è come lunedì e prima invece sabato era luce,
domenica buio, lunedì crepuscolo. Io so solo che camminare nella
stessa identica via in quei tre giorni diversi era tutta un'altra
esperienza, e da allora io credo fermamente che le cose hanno
un'anima, si travestono, mutano anche loro. Voi potrete ricordarmi
quello che si studiava a filosofia al liceo, che sono gli occhi, che
tutto cambia dentro di noi, ma io so che non è così. Io so
distinguere una sensazione da una impressione da una certezza, e se
voi dite che non funziona così allora siete pazzi. Perché il sabato
aveva quell'aria, e adesso non l'ha più. Io me ne sono ricordato
guardando un tramonto sopra il muro di una casa, e tutto stava
disegnato lì, come un dagherrotipo o un ologramma. Ed eravamo in macchina e io ho detto a
mia moglie, che bello però settembre quando è sabato e c'è il
sole, e lei ha sorriso ma non ha parlato.
Commenti
Posta un commento