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MORALE DELLA FAVOLA


E parliamo anche di quell'altro che, in un campeggio di Fermo, ha scaricato la pistola addosso alla moglie, salva per miracolo. Chi era questo qui? Un operaio umbro di 50 anni che aveva sposato una romena di dieci anni più giovane, dalla quale aveva avuto un figlio. A questo punto si può vedere la storiaccia con gli occhiali appannati del politicamente corretto, del “che c'entra”, del divieto di giudicare che equivale al divieto di capire, oppure si può appunto cercare di capire con le risorse dell'esperienza e del realismo. E cosa dicono queste risorse? Dicono, illustrano il caso di uno sfigato, uno che comunque una moglie la voleva e se l'è andata a cercare, molto più giovane, al supermercato della globalizzazione. Trovandola com'era, cioè una ragazza figlia dei cascami di un regime totalitario che alleva i suoi schiavi alla scuola della durezza e della spregiudicatezza. Non tutte così, molte così. Sbarcano disposte a tutto, decise a tutto, con pochi scrupoli familiari o sociali. Ma l'eterno bamboccione italico non accettava la moglie che si era scelto, pretendeva, dal suo punto di vista, di domarla, di farla rigare dritta e siccome non ci riusciva ha preso la pistoletta e, come in un dramma ottocentesco, ha fatto fuoco una, due, cinque volte finché non è stato disarmato, e qui il dramma diventa pochade, proprio da quello con cui la moglie intesseva l'ennesima tresca. Praticamente sotto gli occhi del figlio, che ne resterà traumatizzato a lungo se non a vita. Si può concludere con la morale progressista del “che c'entra” oppure con quella reazionaria delle donne tutte puttane e “quelle là” pure di più. A noi pare che la morale, tenuto conto delle implicazioni storiche, geopolitiche e sociologiche sia in fondo molto spicciola (e, ancora una volta, lombrosiana: verificare la foto): un altro sfigato, un fallito. Non certo un depresso. 

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