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(ASPETTANDO) DANIEL


Qualcuno ha riconosciuto il personaggio da cui traggo le immagini della mia pagina Facebook: mi fa piacere, quello è un piccolo tesoro custodito nel cuore e mi dà l'occasione di rievocare una piccola epopea a fumetti. Daniel uscì nel remoto 1975 (se ci penso ho un brivido), venne riproposto nel 1992, in entrambe le occasioni non ebbe la fortuna che meritava. Troppo avanti, si consolò il suo creatore Max Bunker. Sì, troppo avanti davvero. Arrivava in distorsione l'onda lunga dei fumetti neri, tutti dalla parte del Male (Kriminal, sempre di Secchi/Bunker, insieme a Magnus, aveva appena chiuso, e farà una comparsata proprio in questa miniserie), e per le storie “dalla parte della legge”, quel periodo che preparava la sovversione di massa del Movimento, proprio non era pronto. Si aggiunga che Daniel è la trasposizione a fumetti di Callaghan, impossibile non ritrovarci la fisionomia di “occhi di ghiaccio” Clint Eastwood, nel carattere e nella violenza. Ecco, se amate Callaghan, recuperate subito questa serie (su ebay non sarà difficile, ma anche in certi mercatini estivi), di appena 30 episodi, e tuffatevici, ovviamente con colonna sonora ad hoc. Ritroverete gli stessi sapori di avventura per un uomo sradicato, insofferente, solitario e irrimediabilmente solo. Daniel in realtà non nasce sbirro, e neppure con quel nome. Sotto la sua faccia ci sono i resti di Bill Hicock, uno spostato, reduce dal Vietnam, che va alla deriva finché finisce in una clinica clandestina dove si cambiano i connotati. Qui, per una serie di circostanze, viene salvato dal vero ispettore Daniel, che ci lascia la pelle e gli lascia volto e ruolo, dato che i lineamenti sono prodigiosamente gli stessi.
Solo che il nuovo Daniel è l'esatto contrario dell'altro. Tanto duro ed essenziale, quanto il primo era verboso e inzuppato di belle teorie progressiste sul recupero della società e l'altro mondo possibile. Daniel-Hicock invece è diventato un realista. Sa che un altro mondo non c'è, il mondo è tutta una fetenzia e bisogna nuotarci dentro con durezza e umanità. Perseguitato dagli incubi e dai sensi di colpa, non può fare a meno di continuare la sua guerra personale, non più contro i vietcong ma contro il crimine e le istituzioni corrotte, colluse con quel crimine fino al collo. In questo realismo che mai sconfina nel cinismo, il fumetto è felice. Daniel non ha nessuno a guardagli le spalle, deve farsi più violento dei violenti e ci riesce perché sotto il suo bel volto c'è un uomo che non ha più niente da perdere né da vincere. L'approfondimento psicologico del personaggio è costante, in evoluzione episodio dopo episodio, e affiorano sempre nuovi comprimari a corroborare le storie, sceneggiate fra azione e vita privata. Dialoghi secchi ma centrati (maestria di Bunker) e un disegno molto curato, del perfezionista Frank Verola, confezionano così una serie che colpisce al cuore, anche per i frequenti momenti di abbandono e di tormento del protagonista.
Ricordo che quando questo 12enne che adesso vi scrive lo scoprì, ne rimase scioccato: mi ci identificavo così tanto, che ne avevo fatto una malattia. Volevo disperatamente essere Daniel (senza riuscirci, mi pare chiaro) e non potevo più leggere altro. Poi la serie, penalizzata da un pubblico ingrato, si sfilacciò e finì male: gli ultimi numeri sono davvero da serie B. Ma la fascinazione è rimasta ed io quella serie la conservo completa, religiosamente custodita; parlo della ristampa, quella in formato più grande e con le magnifiche copertine di “Paolo Renzi”; ogni tanto ancora sfoglio quegli albi e sogno come il ragazzo che fui, e che, a sprazzi, non riesco a non essere. Vorrei donarvelo, questo piccolo tesoro emozionale. Vorrei che lo scopriste questo sfortunato ispettore, questo borderline del bene condannato ad essere inimitabile. Vorrei ancora un albo, trasportato a questi nostri giorni che rigurgitano di nuove serie televisive poliziesche diffuse dalla rete. Sono certissimo che Daniel sarebbe una (ri)scoperta felice, che piacerebbe a tanti questa volta. Una e una sola storia, magari dipinta proprio da quell'artista delle tavole che è Pino Rinaldi, alias Paolo Renzi.

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