Lentamente
ho accettato l'incertezza, poi la convinzione della fine; non sono
più credente ma eccomi qui, in questa cappellina della stazione
ferroviaria di Ancona. Ci vengo sempre quando passo da questo nodo
che mi collega al resto del mondo. Ma dal mondo il piccolo silenzio
mi separa, mi salva dallo squallore dello scalo, e, in questo caso,
dalla rabbia per il solito ritardo di un'ora. Anche, per la prima
volta in anni, constato che una assurda filodiffusione di musica
classica contemporanea taglia il mio disperdermi. Mi sforzo di non
udirla e mi concentro sulle ondate silenziose di questa saletta più
che chiesa: la Vergine in una finta roccia, riproduzione della
Madonna di Lourdes, una volta l'han perfino rubata, al suo Cuore
Immacolato è dedicata la cappella; il minuscolo altare sbarrato da
un cordoncino rosso, le seggiole color nocciola, inginocchiatoi tre.
Ma non mi ero mai accorto, l'ho scoperto cercando in rete (neanche
una foto però, povera cappellina: e che ce l'ho a fare lo smartphone se non l'illumino d'immenso?): padre Oddo Tesei,
Cappellano del Dipartimento Ferroviario del Centro Italia, che la
fece realizzare, ha avuto una illuminazione: ricostruire una chiesina
da una ferrovia: l’acquasantiera è retta da un paio di binari
piegati, le sculture sono state realizzate impiegando materiali
tipici della costruzione di linee ferroviarie, e la sacrestia è la
ricostruzione perfetta di un vagone di seconda classe di una carrozza
ferroviaria di qualche decennio fa, con tanto di sedili e luci
originali. Persino i servizi igienici a disposizione dei fedeli sono
un servizio proveniente da un treno. Tutto è sul
marrone qui dentro, in questo santo vagone, quando ci capito
d'inverno mi pare faccia meno freddo e se fuori piove non me ne
andrei più. Su una parete, il ritratto di don Bosco: faccia di
bontà forte, sguardo leale. Sopra l'esiguo pulpito, un sorriso
diverso: il ritratto di Papa Francesco che leva il pollice alla
folla; l'ultima volta c'era quello di prima, pontefice a scadenza.
Mille volte che entro qui a non pregare e mai nessuno; m'immagino le
funzioni: un prete sbrigativo, un paio di vecchie, immancabili mamme
adottive della cappellina, forse qualche viaggiatore spaesato.
Stavolta c'è viavai. Un esemplare credo femminile, secca rifinita, i
capelli a scodella, la giacchina di jeans inamidata spenta, la gonna lunga
lunga a strapiombo su due ciocie torno a calze trasparenti. Mi guarda
diffidente forse mentre la guardo. Probabilmente una suora, di quelle
che chiamano “laiche”, comunque una persona schiacciata in una
fede sottomarina che s'inoltra nei suoi abissi di dentro. Mi
colpiscono quei sandali. Regolamentari, ma di un copale lucido,
straziante colpo d'ala d'una sessualità sconfitta e un altrettanto
folle sprazzo di banalità m'assale: quanto può essere diversa la
donna a partire dalle sue estremità, da come le riveste: provocante
da far perdere la testa o respingente fino all'imbarazzo. È fantasia
blasfema in questo acconto di chiesa, ma non c'è malizia, appena
antropologico stupore, subito spazzato via dalle imprecazioni
d'operai dietro la porta, portale non direi, nella vita reale.
Penetra la confusione, gli stridori, i richiami del secolo lì a un
passo. La quasi femmina accende una candela elettrica un rapido
segnarsi e c'è mai stata, risucchiata dal mondo; il posto suo
occupato ora da una donna curva, consunta. Una massaia. Prega si
guarda intorno. Dov'è finita? Quindi, ma che traffico stamattina,
una indiana almeno credo, con figlia. Van via subito. Un uomo compare
si segna sbadisce. Qui entra chi vuole, se vuole, quando e quanto
vuole, è proprio una chiesa, minuscola e orgogliosa: addobbata,
viacrucis, non manca niente, c'è pure, stampato e affisso, il
foglietto col calendario delle messe. La tentazione di pregare
anch'io è forte, ma ho imparato a scacciarla. In un attimo è
fuggita un'ora, mi riscuoto, mi affretto, evaporo anch'io, forse mi
sento colpevole.
Nell' ultimo paio d'anni è capitato anche a me di entrare in un piccolo santuario quando vado a camminare verso la campagna ad un chilometro da casa mia. E' quasi sempre aperto,silenzioso e raccolto ,inoltre caldo d'inverno e fresco d'estate. Dopo vari tentennamenti mi sono lasciato tentare e ho pregato. Di essere più buono , giusto e forte. Prima mentalmente poi in modo di sentire la mia voce e l'effetto è stato straniante,non mi sembravo io. Non so,forse è questione di abitudine. Comunque perche scacciare questa tentazione ? Magari proverai prossima volta .
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