Fuori
piove e le Marche sembrano sbriciolarsi sotto la furia del diluvio,
oltre il vetro non si vede la strada che porta a san Ginesio dove si
fanno due concerti, Andrea Franchi che apre per Amauri Cambuzat. Di
Andrea sono amico, stiamo preparando uno spettacolo insieme, a fine
mese a Livorno, ne approfittiamo per vederci, per confrontare le
idee, debbo registrargli una traccia vocale. Ma ce la farò? Dai
canali di scolo tracima fango disciolto e la macchina ci naviga in
mezzo, la pioggia non lascia scampo, ci mettiamo due ore ad arrivare.
Ma eccoci. Il momento più bello dei concerti è la cena che li
precede, il Teatro Ospitale di San Ginesio funziona sempre, gli
artisti li mette a loro agio e così, in un clima europeo, tracimano
le confidenze in tanti linguaggi ma in quell'unica miscela umiltà e
superbia tipica degli artisti. La fatica di esserci, di andare oltre
gli stenti, le difficoltà, le umiliazioni di essere artista e
insieme l'orgoglio, la superbia di non cedere, di restare artista.
“E' più dura che mai” dice Cambuzat “ma questa libertà di
suonare, di comporre ancora, fino a che sono vivo, non me la
giocherò”. Quando, uno dopo l'altro, saliranno sul palco del
teatro, Andrea e Amauri daranno la conferma di come basti una
chitarra a tracciare orizzonti. Quando si è artisti. Piove sul
teatro, sulle Marche che cedono, sull'Italia intera e dentro c'è
calore di sogni e fuori è l'eterna Italia che va in pezzi sotto il
diluvio, a Roma bande di tifosi criminali si affrontano a
pistolettate e la polizia, forte coi deboli, debole coi forti, tratta
con un capobastone del sottocrimine napoletano, tale Jenny 'a
carogna, che alla fine, regalmente, concede l'inizio della partita
con tre quarti d'ora di ritardo. Pare sia tornato a casa in un'aura
di sacralità, di certo sui social network è stato fatto santo
subito. Ma è inutile stupirsi, sdegnarsi, questa è l'Italia che non
passa, grottesca, dove lo Stato e i suoi presìdi obbediscono alla
politica la quale sa che gli Aldrovandi non pregiudicano i voti e i
Jenny 'a carogna invece li decidono. In Zaire, quando Ali incontrò
Foreman, per ripulire Kinshasa, allora la città più pericolosa al
mondo, Mobutu prese a caso 100 criminali e li fece giustiziare nelle
segrete dello stadio XXIV Maggio, dove i pugili si sarebbero
affrontati. Alla presenza di altri delinquenti, poi mandati liberi:
andate e raccontate cosa avete visto. Kinshasa divenne in una notte
la città più sicura del pianeta. Ma Mobutu era un dittatore
sanguinario, la nostra democrazia esige un altro stile, elettorale,
che non passa per gli Uva, i Cucchi, gli Aldrovandi, i quali si
possono tranquillamente fare a pezzi, poi i colleghi applaudono e si
atteggiano anche a vittime, passa, lo stile democratico, per le
trattative con Jenny 'a carogna che inneggia agli assassini del
collega poliziotto Raciti. L'Italia che non passa, ma niente paura,
il primo ministro Renzi ha annunciato una rivoluzione su Twitter
contro il tifo violento. Si attende ora l'intervento del cantate
politologo Piero Pelù, consapevole che la violenza ultrà non è
vera violenza ma giusta reazione al sistema delle disuguaglianze
sociali dettate dal programma di rinascita della P2 e dall'infinito
processo di depredazione che il nord ha storicamente inflitto al
Mezzogiorno.
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