Volevo andare sono andato a salutare l'inverno, ultima sera nel
solito viale di panchine deserte coi treni che passano a fianco, la
strada impedita da muri di rami tagliati ma su quelli sani migliaia
di gemme, piccoli missili carichi di vita, grammi di esplosioni che
verranno tutte insieme e sarà primavera. Volevo salutare l'inverno ma
l'aria se n'era già andata. Poi, poi il tepore è crollato e
risaliva il gelo che contiene il buio, ascoltavo Brunori le sue
malinconie, lui canta spesso la malinconia, come da ragazzo altri
dischi mi portavano via dall'inverno ma la musica è cambiata, questa
età non guarisce, la primavera non entra più in me. Come un cane
cercavo per terra il coraggio di cambiare, quel che serve, quel che
va stravolto, per ricominciare, celebrare quest'altra primavera. Ma
non si trova quello che non c'è. Avevo fretta di tornare a casa,
scrivere tutto, invece l'ho tenuto stretto nella testa. E camminavo.
In cielo s'affacciava la prima stella, nel prato milioni di primule;
una son io.
E io qui tappato in ufficio mentre fuori è un'esplosione di colori. Sarà vero che Milano si è abbrutita, ma io adesso uscirei fuori e l'abbraccerei, poi di corsa andrei sui navigli a girovagare a caso fra vecchie corti e mi fermerei su una panchina a fumare una sigaretta guardando la gente che passa. Ma tutto è al condizionale perchè invece sono qui in ufficio a fissare un monitor muto, ma perchè ognuno di noi deve costruirsi la propria prigione quotidiana? Sarò retorico, sarò ripetitivo, però caro Massimo, ancora grazie di scrivere. Anche oggi grazie a te un piccolo viaggio me lo sono concesso,
RispondiEliminasolo con la mente ma vale davvero tanto! torno ai miei piccoli affarucci lavorativi. Un abbraccio.
Sandro
La mia solitudine è la vostra finestra
RispondiEliminaIersi sera mi sono addormentata con questa immagine della primula. Stanotte mi sono sentita anche io così, una stella, un fiore. La tua solitudine è anche un pochino la nostra
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