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IL VOSTRO E' MIO



Ma se il dolore ti bussa alla porta tu che fai, fingi di non sentirlo, non ti fai trovare oppure gli apri? Se ti stana, ti prende per l'anima e chiede ascolto scapperai via oppure provi a rispondere, come puoi, con quello che hai, sapendo che il tuo cerotto non ferma niente? E il dolore non manca mai di chiamarmi. Non ce n'è di evitabili, anche il più infantile non lo puoi trascurare, fa male per definizione, toglie il fiato oppure non è. Il dolore che non ha forma, che scava dentro, si maschera, si stordisce, si disperde ma è sempre lì, impalpabile come una montagna d'acqua e non bastano parole per spiegarlo. Il dolore che sta in un messaggio, una fotografia. Un ricordo o una attesa. Un momento o una vita. Una scommessa o una rinuncia. Il dolore che lo maledici perché c'è, ti viene a cercare, ma poi capisci che non ha colpa, lui è solo un urlo, a volte un urlo muto, un mormorio o un'allusione, lui è così, lacrima del mondo e non può esserci mondo senza di lui e non può esserci niente senza di lui. Non ci sono i viventi senza di lui. Il dolore, pendolo tra morte e vita. Si nasconde in un sorriso, un amplesso, fra le tende che ondeggiano, nel silenzio della sera. Si infila nei libri, nei dischi pieni di polvere, negli album di fotografie, viene giù dalle stelle e sa dove andare, sa qual è il suo posto. Arriva, si ferma. Ti chiama. La sua voce è un urlo, un ruggito o un miagolio. L'eco di ciò che non vedi. Una polvere di mancanza. L'insoddisfazione che non sai spiegare. L'angoscia quieta con cui convivi. Un altro giorno caduto a terra come una foglia secca. Il dolore si guarda intorno, sgomento, sudato, poi mi chiama. Mi cerca. Mi raggiunge ed io...
Io non so che fare. Io cerco le parole, le trovo, ma a cosa servono le parole, che dicono il falso, che evaporano mentre volano? Io non so che fare, perché c'è troppo dolore, troppo dappertutto, troppo in ogni paio di occhi, troppo anche in fondo a me. Mi inzuppa e mi asciuga. Mi ricopre, mi invade. Mi sfianca e mi inchioda. Mi sconfigge ogni volta. Vorrei arginarlo, tamponarlo ma so che esserci non basta, scrivere non basta. Ascoltare non basta, e rispondere non basta. È solo che si è fatto troppo invadente, troppo assoluto, nessuno si difende, nessuno più lo scampa. Io porto con me ogni vostro richiamo. Dentro me. È per questo che sempre più asciugo la mia vita, lascio da parte tutto il resto, mi concentro nei mari di dentro, nella tenerezza che non c'è, nell'amore che è un bicchiere vuoto. Nel dolore che è una montagna d'acqua. Lo canto, perché questo mi è toccato e questo posso, perché non so fuggire, perché non c'è altro da fare, perché possiate specchiarvi, per non farvi sospettare che sia solo vostro questo lento annaspare. Lo canto come un blues, perché il mio è il vostro e il vostro è il mio. Il vostro è mio.

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