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CIORAN


M'hai ingannato così, non essendoci
Io per calcolo non ho fatto niente
Per disperazione, non per calcolo
Ridammi il tempo, ridammi il mio tempo!”
Cercavo il segreto nel pulviscolo
Nelle ombre rantolanti nel vicolo
Nel vincolo di un'agonia mai chiesta
Negli aghi irraggiungibili di piante
Che a guardarli ferivano gli occhi
Ora mi resta solo la paura
Una gran paura che non serve
La rifletto nelle immagini sorde
Sono io quegli occhi feriti
E orgogliosi, ero io e non sapevo
Quanto priva di senso è questa vita
Ogni vita, ogni immagine sorda
Più assoluta della stessa morte
Quando il tempo è caduto e le macerie
Ti ricoprono e non c'è luogo salvo
Non c'è parola che non sia muta, svuotata
Se ha ingannato un angelo malato
Nato senza le ali per fuggire
Per scendere in picchiata e colpire
Perché gli hai detto d'essere sconfitto
Di gioire del sangue ed aspettare
La tua mano sapendo che non c'eri?
Ora l'anima langue come il mare
Destinata a liquidazione totale
Bestia maledetta che riflette
Dice “basta” senza dignità
Della libertà di andare via
Solo quel pensiero la consola
Il veleno che infetta il respiro
Sale fino al cielo poi ricade
Non è la pena, non è l'abluzione
Che dalla pena nasce, provvidenza
E' una menzogna atroce, la più truce
Splende luce su chi già ne è pieno
La dirotti su chi già ne è pieno
E il tuo comandamento di dolore
Non intendo più se non ci sei
E non essendo pure m'hai distrutto

Commenti

  1. questa è eccezionale, una delle tue migliori
    Cioran elabora quello che Leopardi sintetizza in versi
    entrambi inarrivabili
    entrambi al nocciolo dell'esistenza
    Davide, Milano

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