Dieci anni senza Lugano
Bazzani, poeta sulla pagina e della vita, attraversata sempre con
l'entusiasmo tragico di un giovane senza età, uno che conosceva il
dolore e ne aveva sconfitto la paura. L'infanzia difficile, il
sanatorio, anni raminghi, di viaggi, di corvées, di navi e poi il
ritorno, l'approdo definitivo nella sua Porto San Giorgio. Quanto
l'amava!, con i suoi “vezzosi villini Liberty”; quanto l'ha
cantata. Le stava dentro, tenendosela dentro. E Porto San Giorgio era
Lugano, e, quando è andato via, lei gli ha dedicato il cortile di
fianco al Comune, ma i suoi viali alberati, scortati dalle ville non
sono più stati gli stessi senza quel cantore. Qui, finalmente di
nuovo a casa, la svolta, poetica e politica, la militanza nel Pci, le
cronache per l'Unità, l'adesione a una sinistra ancora più
marcata e, insieme, i primi versi, e quindi le raccolte, i premi, i
contatti con il mondo letterario da Paolo Ruffilli a Giorgio Bàrberi
Squarotti e tanti, tanti altri. Un comunista, un materialista
impregnato di spiritualità, un poeta civile che amava ogni natura e
cercava l'individuo, sempre, senza tregua: “Si canta sempre
dell'uomo”, il suo insegnamento mai tradito. Ma chi è che usa un
busto in bronzo di se stesso, a grandezza naturale, per appenderci il
cappello, appena rincasato? Chi è che ti viene a suonare il
campanello, e tu gli apri e spunta un filo d'erba, un elegante filo
d'erba e poi, conoscendolo, scoprivi che quel filo d'erba era un
albero mai stanco di metter frutti, che tutto coglieva, che
corteggiava le donne a dispetto dell'età, sempre con gli occhi
accesi di garbata malizia e la capacità d'incantare? Veniva Mario
Dondero, il fotografo, restando imprigionato in quell'universo di una
sola stanza fatta di cimeli, di confusione, di un letto sfatto e
fogli che volavano con sopra righe liriche. Andavano e venivano
artisti a trovare Lugano, salutandosi sulla soglia, sparivano per
tornare ogni tanto, attratti da un misterioso richiamo e quel
richiamo era lui, poeta sbarazzino che sprigionava calore, che ti
arricchiva ad ogni frase, che raccontava la vita come nessuno. Ma chi
è che, vedendoti passare alle 3 di notte in bicicletta non ti
scoccava una domanda scontata, “Dove vai, che ci fai?”, ma diceva
semplicemente “Vieni un po' qui, parliamo della vita”? E tu
poggiavi la bici, salivi alla sua veranda, ma così, giusto un
attimo, per un saluto e in un attimo era l'aurora e la guardavi
incredulo, Lugano lo capiva e sorrideva: “Adesso vai a casa, vai a
riposare”.
Lugano Bazzani manca da
dieci anni ma non c'è giorno in cui chi l'ha incontrato non lo
rimpianga; e continuerà sempre, perché lui era un virus d'affetto e
intelligenza che ti entrava nel sangue e non smetteva di girare.
ricordo bene Lugano, anche per via dello stretto legame con mio padre, di cui era cugino di primo grado (mia nonna e sua madre erano sorelle ed avendo egli perso la madre in tenera età fu mia nonna a compensare quella perdita e a proteggerlo dalle grinfie di un'aspra matrigna...così narrano le storie familiari ) ....lui e mio padre avevano trascorso insieme gli anni dell'infanzia e della gioventù in quella Porto San Giorgio degli anni '20 e '30 che riaffiora con grazia nelle foto ingiallite sparse nei cassetti....poi la vita li aveva divisi, ma anche tenuti uniti nell'amore per la loro terra natìa e nei ricordo di un tempo lontano....nonchè nella passione per la poesia che per Lugano è stata anche una via di realizzazione e di riscatto dopo anni di sofferenza...condivido quello che hai scritto, Lugano poeta dalla grande sensibilità e gentilezza, che nel parlare trasmetteva una gioia e una leggerezza unica, insomma un contraltare incantevole al profondo dolore del vivere, ben conosciuto dall'uomo
RispondiEliminaDavide; Milano