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UN'ALTRA VITA

Ad attraversare l'Italia in Vespa si capisce com'è ridotta e si capiscono anche le fandonie dei politici. Da Fermo a Falconara 80 chilometri di statale, una estenuante via crucis di opifici defunti, capannoni corrosi, impianti abbandonati, zone industriali deserte e poi negozi chiusi, botteghe sprangate, insegne inutili, cartelli “affittasi” e “vendesi”, la rassegnazione di un Paese, il suo smantellamento, ogni tanto larghe macchie cinesi, di una tristezza inaudita, sono brutti i negozietti cinesi, sono atroci, sanno di squallido e di sporco, il più brutto dei bugigattoli italiani è meglio di qualsiasi covo cinese, roba che da noi si vedeva 60 anni fa e si è tornata a vedere, mi stanno sui coglioni i cinesi, hanno l'aria ambigua, sfottente, hanno la calma di chi la sa lunga, di quelli che ti sorridono e poi ti fanno a pezzi e ti vendono nei loro buchi di culo di negozi. Solo i centri commerciali sopravvivono, davanti all'Ikea di Ancona, neanche un parcheggio vuoto alle due del pomeriggio di domenica, un cartello di una Chiesa pentecostale dice: “Tu non ce la fai, Dio sì”. Uniche cose vive, ma squallide, gli slot center, le fiere delle scommesse, bische di tutti i tipi che i governi han legalizzato per far cassa e, a fianco, regolarmente i “compro oro” degli usurai, uno va lì dentro, si svende le patacche di famiglia, poi va a giocarsele, le perde e si dà fuoco o trucida la famiglia. Una ex associazione ricreativa è stato riconvertita ritoccando l'insegna, “Scommesse creative”. C'è da spararsi, c'è da piangere dietro la visiera del casco. Per le strade dei paesi nessuno, ogni tanto compaiono tre o quattro extracomunitari vestiti da ladri o in caffetano, facce da faine o grandi barbe, guatano la Vespa e proseguono per i loro traffici e giri lasciando vuota la via. Certi stanno accucciati sulle soglie di negozi cadavere, vecchi affitti di videocassette, sale giochi saltate, bar pizzerie dove non andava nessuno. Ma dicono che la ripresa arriverà, fra tre mesi si parte, da noi le cose si aggiustano sempre fra tre mesi, e poi altri tre mesi. Fortuna che siamo a destinazione.
Quarant'anni che non andavo allo zoo, quello di via Manin a Milano lo ricordavo come un lager per animali, avevano fatto bene a chiuderlo. Ancora dopo anni si sentiva la puzza delle gabbie immonde. Quarant'anni che non vedevo una bestia esotica e adesso sono qui, in questo parco zoo di Falconara e l'incanto è lo stesso, lo ritrovo con la stessa violenza, sono ancora bambino: davanti agli animali torno niente, ciascuno di loro è un mistero che disperatamente vive e non ha senso cercare di penetrarlo, vanno lasciati lì quei misteri tutti diversi e uguali, ciascuno con una luce diversa nel suo sguardo.
Davanti a loro m'annullo. Davanti ai miracoli di sempre, della vita che si rigenera, mi perdo. La coppia di leoni ragazzini, appena tre anni, ha già proliferato, due maschietti e una femmina, caso rarissimo e lieto perché in anticipo, mi informano, sulla tabella della maturità sessuale, almeno in cattività. Fa caldissimo e la famigliola sonnecchia pesante, solo un cucciolo, più impertinente, si diverte a torturare il padre che lo sopporta con una pazienza aggressiva che incanta e sconvolge. Il gufo ci osserva fisso, ma non ci vede bene, è un trovatello come quasi tutti gli esemplari qui, la differenza coi lager anni Settanta, a parte la incomparabile libertà, le dimensioni degli habitat, la cura per allevarli, sta in questo, che tutti questi ospiti sono stati salvati, sottratti ai bracconieri, ai circhi, ai farabutti che se li regalano e un bel giorno li scaricano dove capita. Animali che, rimessi in libertà, non durerebbero un giorno. Qui trasudano indolente felicità.


 Le due tigri, possenti, dormono nel caldo torrido una abbracciata all'altra: sono gemelle, fratelli siamesi d'incerta genealogia ma inseparabili, loro che altrimenti massacrerebbero qualsiasi altra presenza nel proprio spazio vitale inclusi i simili. I ghepardi, anche, sono due, un'altra coppia di gemelli, hanno più spazio di tutti i ghepardi, hanno bisogno di balzare, di correre, sono fragili e d'inverno le loro cucce hanno il riscaldamento a pannelli. I lemuri enigmatici, i ruminanti immobili, dallo sguardo buono, una famiglia di daini con un nuovo arrivato che tutti chiamano “Bambi”, due pitoni da 140 chili, terrificanti e immoti, il corpo di ballo dei fenicotteri in tutù rosa e adesso i suricato, minuscoli carnivori, i più simpatici di tutti, curiosi, sembrano mezzi gatti e mezzi cagnolini, appena vedono gente si fiondano contro il vetro e vorrebbero scavarci sotto per raggiungerti. Entrando, i primi che trovi sono due puma, un maschio, forse un po' stressato, e la femmina, più piccola, sinuosa, gli occhi sottili e viola come quelli di Cleopatra. Sono belli i puma, tu sbatti le palpebre e loro son già volati su un albero, stanno in una delle poche gabbie chiuse anche a salire, sono capaci di saltare fino a quattro metri in alto e dieci in lungo. Le linci, misteriose e perfette. Gli ocelot, piccoli, indifferenti. 


E il lupo, appena rimasto orfano di entrambi i genitori, il lupacchiotto che si sdraia col muso sulla terra e il suo sguardo ha la saggezza di un dolore profondo, immedicabile. Gli occhi degli animali sono specchi, mi rubano l'anima, mi ci perdo dentro. Un gibbone viene a volteggiare dove sto, protendo una mano e solo la trasparenza del vetro separa i nostri polpastrelli e, chissà, le nostre coscienze.
Il parco è grande e oggi fa molto caldo, un caldo africano, gli animali, specie i grandi felini, son tutti abbandonati ad ansimare, indolenti e distrutti, dobbiamo aspettare le cinque della sera per concederci un altro giro e finalmente li troviamo più vivaci. Non molto, giusto un po'. I leoni hanno appena mangiato e come quarant'anni fa m'incanto osservandoli, mi hanno sempre scatenato un terrore irresistibile i leoni, passavo ore su una loro fotografia, non mancavo un documentario, non lo so quante volte ho immaginato di finire la vita sbranato da un leone. Quando vidi il film sui due leoni assassini, Spiriti nelle tenebre, rimasi sconvolto e non ero più un bambino da un pezzo. Resto incollato al vetro, rapito, inconsistente. La leonessa s'accorge e, diffidente, mi trotterella contro. Arriva così vicina che posso sentirla respirare, gli occhi gialli a trafiggermi. Capisce che non posso essere in nessun modo una minaccia e mi volta le terga, torna dal compagno, dai cuccioli sull'immenso letto di marmo fatto apposta per loro.
Alle sette siamo stravolti come dopo un safari. Giriamo da 4 ore, ormai conosciamo il parco, i suoi abitanti a memoria e, fantasticando di poter lavorare lì, nell'oasi di passione, usciamo promettendo a noi stessi di tornare presto. Quanta cura ho visto qui dentro, quanto amore. Ci portano le scuole, organizzano giornate a tema, e ci sono larghi spazi per sostare, per un picnic al suono dei ruggiti o degli altri richiami. Tutti i bambini dovrebbero venire qui, e poi tornarci, e ancora e ancora. Dovrebbe essere obbligatorio riconoscere questa vita arcana. Perché qui c'è un'altra vita, una vita piena di vita, una vita più nobile e affatto diversa dalla vita morente che ho visto lungo la statale dell'Italia disperata. L'ultimo che salutiamo è un grande pappagallo Ara rosso e giallo, il collo serrato in una candida enorme gorgiera, sembra la nobildonna Veronica Gàmbara, poetessa, “nacque a Pralboino nel 1485 e morì a Correggio nel 1550. abbandonò la sua cara Brescia per sposare il principe Gilberto X”. Il pappagallo atterrito dalla prigionia di un padrone infame che lo maltrattava, s'andava strappando le splendide penne, si mutilava, tutte le sofferenze hanno gli stessi occhi e la medesima disperazione, il loro verso, diverso per ogni specie, è però sempre l'eterno richiamo di Giobbe a un Dio che non risponde, che abbandona, che non c'è.
Ed io ho ancora negli occhi tutti gli occhi incontrati oggi: ogni animale, anche il più feroce, tradisce un senso di indifeso, come una disperazione misteriosa che arriva, si conficca nei tuoi occhi. Ogni selvaggeria si risolve in tenerezza, e l'unico mistero che davvero vorrei risolvere è come possa l'uomo torturare, avvilire, umiliare questi compagni di esistenza che gli rendono sopportabile la vita. Tornando, l'aria si veste in blu. In Vespa alzo gli occhi e nell'incognita del cielo uno stormo di uccelli sta salpando, in formazione come minuscoli Stukas di pace obbediscono a un richiamo arcano e via, si parte.

Commenti

  1. mi sa che presto tornerò anch'io allo zoo.quello più vicino a me è a pastrengo.c'ero stato 15 anni fa ma ora ,dopo averti letto, mi è ritornata la voglia.

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  2. i cinesi installati in italia non sono più quelli di una volta, pittoreschi e tutto sommato appartati..questi sono strafottenti, si rendono conto che gli italiani hanno perso la capacità di soffrire e ricostruire come nel primo dopoguerra, sanno che stanno male, che le loro attività vanno a pezzi o stentano e allora si buttano a comperarle in contanti, soldi spesso frutto d'illegalità palesi, dallo sfruttamento indicibile dei lavoratori, all'evasione fiscale sistematica, alla violazione di tutte le normative possibili in materia di sicurezza, salute, igene, ma chi dovrebbe controllare e far chiudere le loro attività illegali non è in grado o non vuole farlo...lo stato italiano esiste solo per vessarci e succhiare il sangue agli italiani, sempre più stanchi, spossati, rassegnati, dei morti viventi che si arrabattano come possono...e i cinesi ridono e ti guardano, come se ti sfidassero...in Svizzera li avrebbero presi a calci in culo e buttati fuori alla prima multa non pagata....

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  3. i cinesi sono delle merde

    pp

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  4. lo zoo ha l'unico fascino di darti una infinitesima dimostrazione dell'arcana, immensa, forza della natura , e cio' , almeno per me.
    Vp

    per i cinesi dovremmo chiedere lumi al nostro super boy Prodi.

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  5. probabilmente sarà a causa di accordi presi "in alto ",in qualche summit o incontro.quando vediamo i nostri bei rappresentanti che se ne vanno in giro per il mondo per incontrare altri cazzoni piu potenti di loro (e di noi) e ci viene da dire" ma dove cazzo e per che cazzo ?" ecco , andranno a prendere anche disposizioni del tipo"lasciate stare noi cinesi e le nostre attività".magari hanno in mano buona parte del debito pubblico di un paese e che gli puoi dire ?

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    1. fargli almeno rispettare le regole basilari di un Paese, ma gia' non le rispettiamo noi,quindi ciccia.
      siamo senza speranza ed i cinesi ci faranno a fette.
      Vp

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  6. quando sono andato a berlino e a barcellona, non ho potuto fare a meno di andare a vedere i rispettivi zoo. due parchi enormi, stupendi, suggestivi. che meraviglia gli animali. io mi perdo davanti agli orsi.
    a berlino poi c'era un panda che sgranocchiava una carota, e mentre lo guardavamo incantati, sembrava che ridesse sotto i baffi.
    vit

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