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SOSTIENE BOCCA


Rileggendo l'intervista-documentario a Giorgio Bocca, a coronamento di una vita per il giornalismo e nel giornalismo, trovo una battuta che riassume la crisi del mestiere: è venuta meno, dice Bocca, la funzione mediatrice dei giornali, dell'informazione, il giornalista non più tramite fra le fasce sociali e le caste degli specialisti, non più divulgatore di quanto altrimenti non si capisce, ma il contrario, un potente fra i potenti, uno che sparge fumo, uno spacciatore di gossip sessuali e giudiziari. Ci rifletto e ci ripenso osservando i deliri via twitter di De Magistris, che ovviamente sortiscono una salva di risposte irridenti. Ecco, se ci fosse stato un giornalismo serio, non cortigiano o inutilmente fazioso, nessun giudice cacciato con infamia sarebbe finito, forse, prima all'Europarlamento e poi a capo di una città ingestibile e complicata come Napoli. È mancata, qui torna l'intuizione di Bocca, l'attività critica capace di illustrare un fenomeno, un personaggio in controluce, per quello che era non per quello che appare. Così per i vari Grillo, Ingroia e via dicendo. Di Grillo si diceva, i giornali dicevano: sì, non saprà quello che vuole, nessuno capisce cosa ha in mente, sì, sarà anche una congrega di folli questa, diretta da un tecnocrate fallito come Casaleggio che aspetta l'avvento di Madre Gaia, ma per il momento ci possiamo accontentare; di Ingroia: è un giudice, ce l'ha con Berlusconi, è uno con la fissa del Che Guevara, un giudice partigiano, ci possiamo fidare. E chiamavano a testimone tutto il sottobosco canterino e culturale di complemento. Per cosa? Per constatare, dopo poche settimane, tutta la miserabile pochezza di questi fuochi fatui, sì che adesso la gente che leggeva i giornali trovandoci le cose che voleva trovarci, dice: mai votati e soprattutto non li rivoterò.
Nessuno è in grado di quantificare i danni anche sociali conseguenti all'ascesa al potere di simili narcisi patologici, patenti bugiardi, gente cacciata o che si era stancata del proprio mestiere, gente rancorosa, ambiziosa, ma di intelligenza mediocre e di nessuna capacità. Cosa che i giornali erano chiamati a rilevare. Invece hanno suonato la grancassa comportandosi come apparati di partito. Ma su, andiamo, come si fa a fare processi alle intenzioni? Non bisogna spargere un po' di ottimismo, di speranza, anche contro l'evidenza? L'insulto più cocente che si possa oggi rivolgere a un giornalista è "non sei mai contento", come a dargli del paranoico o del menagramo. Per carità, meglio stare alla finestra, aspettare, che tanto poi i palloni gonfiati si sgonfiano da soli. Bella informazione!
Come fanno poi gli stessi giornali a salvarsi la faccia? Facile: ricamando sugli errori, sui danni, sugli inevitabili redde rationem invertendo il corso fluviale del gossip, gonfiando scemenze come i tweet deliranti di De Magistris: “Non sono massone non sono mafioso sono libero e amo”. A quel punto, chi doveva capire ha già capito da un pezzo, magari pentendosi amaramente ma prima dei giornali, senza i giornali, nel frattempo passati a correr dietro a un altro pataca, a sirene anche peggiori di prima.

Commenti

  1. e da chi son stati coltivati gli ego di cotanti grandi pensatori della nauseante, ipocrita e mafiosissima societa' civile?
    dal re dei giornalisti moderni : sant'oro.
    Vp

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