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TIRARE A CAMPARE


Mah. Sarà l'estate finalmente esplosa, sarò io che sono scoppiato, ma appena riaccendo il computer e scorro le homepage dei giornali, lo stillicidio di Twitter, la varia umanità di Faebook, ricasco in depressione. Il compenso della Melandri, Gasparri che anche lui ascoltava Guccini, i trionfi millantati del patetico Letta (“C'è il sole, è un successo del governo”), l'inevitabilità delle accise. Mi pare un mondo piatto, più che liquido, e allora, liquido per liquido, meglio il mare. Mi pare che solo in quel limbo che è il distacco da una quotidianità fittizia, la vita trovi un suo scorrere, e valga la pena d'essere consumata. Sarò io, anzi sono senz'altro io, ma dopo un quarto di secolo a correr dietro a notizie ininfluenti, a un'attualità che prescinde da me e dai milioni come me, mi ritrovo svuotato e insieme pieno: i miei quasi 50 anni si alimentano di giorni di distacco, di qualunquismo (ma quello dei disinformati che si credono telegiornali viventi, cos'è?), di mediocre intelligenza, mettetela come vi pare, ma se guardo questa disumanità da fuori, tutta intenta a digrignare i denti sventolando cartoncini rossi che contrabbandano per agende perdute, mi sembrano meno alienati, a questo punto, quelli che se ne fregano: Travaglio riempirà pure un cortile con un fannullone come Landini a straparlar di Costituzione, ma è solo uno sciocco esorcismo affidato a improbabili stregoni. L'abbiamo riempita pure noi, l'arena a fianco, e nel presepe d'auto d'epoca di un secolo fa mi pareva ci fosse più realtà, più verità delle chiacchiere vane su Berlusconi e tutti gli altri. Mi piace ancora lasciarmi sorprendere dalla gente, ma che abbia qualcosa di profondamente normale, perfino banale, con cui colpirmi: un amore, una passione, una malattia. Per gli animali, per esempio. O per il modellismo, il collezionismo, l'entomologia, le acque minerali, qualsiasi cosa pur che conservi una sorta di candore, di entusiasmo anche infantile, ma puro. Non parlatemi, vi prego, delle correnti del PD, della rivoluzione di Grillo o delle feste del Cavaliere: non so proprio come dirvelo, ma ne ho pieni i coglioni. Nutrite le convinzioni che volete, ma non lasciatemele sospettare, non fatemele pesare, non comportatevi come manifesti programmatici viventi. Volete venire con me, a riscoprire quell'ingenuità perduta di cui gli italiani sembrano vergognarsi? Ieri sera, con mia moglie, una strepitosa minicena di pesce, spaghetti alle vongole, paccheri alla marinara e mezzo fritto misto, in una di quelle ormai disperse trattorie che paiono essersi cristallizzate negli anni Settanta, forse addirittura Sessanta: si stava da Dio. Poi torni a casa, e ci sono i tuoi gatti che ti fanno festa. Al diavolo le manovre per la crescita in autunno, la crisi ordinata da Berlino, l'inevitabilità delle accise e le scemenze del pollaio politicogiornalistico. Non è vita. Questo tirare a campare forse non sarà granché, ma almeno ha senso.

Commenti

  1. meglio tirare a campare che tirare le cuoia (Andreotti)

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