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STUPIDO


Scrivo al termine di una giornata assurda, e demenziale, e allucinante, e sprecata, passata, fortuna che qui da noi oltre i vetri il diluvio, a giocare coi telefoni nuovi: doppio regalo, per me e mia moglie, approfittando di una di quelle offerte-lancio. Così lancio, che stavo per farlo volare io dalla finestra. Non è esatto dire che abbiamo giocato con le macchine infernali: loro, hanno giocato con noi. Bisogna sapere che eravamo forse gli ultimi europei aggrappati a due ruderi che facevano inorridire i viaggiatori sui treni, i ragazzini per strada, insomma roba che cadeva a pezzi, al punto che, scegliendo un nuovo abbonamento, ho dovuto cambiare la sim, che sarebbe quel francobollo coi codici. D'altronde il dagherrotipo telefonico, ereditato da mio padre, ormai s'era disfatto e la mia stessa tariffa remava ignobilmente contro di me. Morale, abbiamo dovuto imparare a usare questi accidenti, per poterci navigare eccetera. Ci è voluta una giornata, nessuno di noi due ha mangiato, io mi sono preso di sicuro almeno un infarto, mi son giocato l'anima con raffiche di bestemmie da crepare i vetri, da far venire una crisi mistica a una bestia di Satana, ho minacciato mia moglie di una violenza bestiale (ci stiamo ormai separando, per colpa di due telefoni di merda), poi mia madre di andarla a uccidere nel sonno, tanto è vecchia, e alla fine ho chiamato a Milano uno dei miei amici di una vita gorgogliandogli che, se non mi guidava passo passo come un minorato mentale, gli avrei sterminato la famiglia sotto agli occhi. Lui si è messo a ridere e poi ha detto: passami tua moglie, pirla. E si son messi d'accordo e poi lei ha provveduto.

Ora i telefoni vanno, e la mia vita non è diversa da prima: solo un po' peggiore. Sarebbe troppo facile concludere semplicemente che io sono vecchio, sorpassato, superato, bolso e inutile come un cane marcio; tutto questo è vero, ma non è tutto. Certo, per i cinquantenni e dintorni come me, questo è un trauma: scopriamo tutto d'un botto non solo che non siamo attrezzati per una tecnologia che ci prende in ostaggio, ma che questi famosi giovani sono di un altro pianeta, perché di una intelligenza diversa. Noi analitica, loro visiva. Noi razionale, loro intuitiva. Noi sappiamo articolare ragionamenti scritti e orali, loro sono pressoché analfabeti. Noi abbiamo mediamente una cultura libresca, classica, novecentesca, loro sono figli di un millennio appena cominciato, che ha arrogantemente tagliato fuori gli altri sessantamila anni precedenti. Noi siamo impediti con le macchinette, loro sono dei draghi meglio (o peggio) di Steve Jobs; già al momento di “fare l'abbonamento” nuovo, mi son trovato davanti un moccioso che smanettava come parlava, a raffica, e non ci ho capito un cazzo: mi fido, gli ho detto, se scopro che mi hai fregato torno qui con una scimitarra. Lui si è messo a ridere e, dandomi vigliaccamente del lei, mi ha risposto: si fidi, si fidi.

Ma il trauma più violento, è stato avere conferma che ho ragione io. D'accordo, in una giornata sono a fatica riuscito a telefonarmi da solo (ma non a rispondermi),sono tecnologicamente irrecuperabile, anzi da rottamare: gli ultimi neuroni li ho bruciati al computer, inoltrandomi nei social network e qui mi areno. L'ultima escursione nelle praterie del futuro è stata il Kindle, niente a che spartire, una tavoletta fenicia del terzo millennio che rispetta la mia passività, quello deve fare e quello fa, lasciarsi leggere, lasciarsi usare, non prende iniziative, non si ribella al mio volere. E poi io nella vita faccio libri e questo tenero marchingegno, non invadente, educato, mi permette libertà che non avevo avuto mai.

E invece, alle prese con l'insidioso smartphone, mentre sditeggiavo smadonnando su tasti che non c'erano, ho colto tutta la stupidità di questo modo di vivere, da bambini di 50 anni e passa. Non è possibile un mondo grande come una mattonella che ti inghiotte. Non è possibile dipendere da stronzate che ti obbligano a ricordarti di altre stronzate, come le password di tutti i maledetti socialnetwork (le ho rinnovate tutte con neologismi osceni). Non è possibile sudare su un affare dove se sbagli a sfiorare quei puntini invisibili che sono le icone, o le lettere (e, sì, debbo anche rifarmi gli occhiali), ti parte una funzione che non vuoi, una telefonata proditoria, una procedura misteriosa, e di conseguenza un fiume di imprecazioni. Non è possibile vivere così. E invece vivono tutti così, e adesso nel consorzio degli alienati ci sto anch'io. Che annotavo le mie poesie, i miei versi sul glorioso monoblocco di mio padre e adesso, se provo a “scrivere” sulla nuova astronave, perdo subito concentrazione perché invece di una lettera mi parte una app o una widget, che peraltro non so che diavolo siano (e wikipedia finisce di confondermi le idee: una widget è “un componente grafico di una interfaccia utente di un programma, che ha lo scopo di facilitare all'utente l'interazione con il programma stesso. In italiano è detto congegno[1] (o elemento) grafico; può essere una vera e propria miniapplicazione (cfr. applet)”. Buonasera.

Sono pateticamente abituato a un codice di altri tempi, che mi consente di esprimermi per potermi esprimere: le formule misteriche per cui una faccenda è un'altra faccenda che riporta a quella faccenda, mi sfuggono, il cervello non ce la fa a rappresentarsele, in questo frasario per iniziati ci vedo l'afasia, l'impossibilità di spiegarsi, al limite un nuovo fascismo che emargina gli inesperti, un po' la polemica che il vecchio Moravia muoveva agli esaltati del Gruppo '63 coi loro neolinguaggi di schiuma.

Adesso, per disintossicarmi, fors'anche per esorcizzarmi, scrivo: mi pare di respirare, mi sento meno scemo di come mi son sentito tutto il giorno: una cosa inutile, dimenticata, una scarpa sformata, un vecchio modello di umano che non si usa più. Inadeguato perfino per mia moglie, che viceversa intuisce tutto e quello che le sfugge lo rimedia al volo. La sua mente è quella di una ragazza, la mia quella di un dinosauro morente. Io non so far niente e scrivo, confinato nelle mie parole che magicamente tornano, si collegano, si disegnano con i significati giusti man mano che le stendo, le dita che sanno cosa fare anche senza guardare. Scrivo e vorrei non smettere mai ma il solito amico, che mi ha salvato da un ictus, premuroso mi richiama, mi raccomanda di scaricare l'app what's up (si scrive così?), ma anche di andar subito a comprarmi una card aggiuntiva per convogliare nello slot tutte le app in modo da alleggerire il phone, che in casa è comunque consigliabile far girare in wi-fi così da risparmiare minuti di connessione. Mi arrendo subito e penso che oggi ho scontato la mia Nemesi: un regalo per essere più moderno, che mi ha fatto invecchiare di 20 anni in un pomeriggio: benvenuto nel club degli obsoleti, una volta alla mia età si facevano ancora faville, specie se svolgevi un mestiere creativo: adesso non conta più scrivere, comporre ma saper usare un telefono, con tanti saluti a Schopenhauer e alle sue considerazioni sulla senilità che, sgravata dal tempo e dalle sue meschine ambizioni, racchiudeva la vera giovinezza dello spirito.

Però penso anche che vivere a questo modo, è stupido.

Commenti

  1. Ho letto questo post prima d'uscire stasera e, quasi fosse capitato di proposito, mi sono imbattuto in un gruppo di amici che al tavolo del bar non si parlavano poiché troppo presi dai "maledetti smartphone", come quanto letto sopra. E' senz'altro vero che questi abbiano modificato e, probabilmente deteriorato, alcune abitudini e scambi relazionali tra individui ma, credo, non si possa demonizzare completamente questa forma di tecnologia (che non è sinonimo forzato di "progresso"). Chiudersi all'innovazione sarebbe come rifiutare l'inarrestabile passaggio dal libro/giornale cartaceo agli e-book digitali che ben conosci. Anche il passaggio da Lp a Cd sarà stato doloroso, eppure qualche giovamento o vantaggio credo sia stato ricavato da un supporto più duttile e "trasportabile", fino ad arrivare ad i-pod ecc... Prodotti di mercato, sicuramente, ma che hanno modificato anche il dna culturale della società. Sono sicuro che potresti insegnarmele queste cose e preciso che la mia non voleva essere un' "apologia dello smartphone" ma solo un'occasione di confronto. PS: continuo a seguirti con attenzione. Perdona la prolissità.

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  2. Infatti anche io ho ceduto.
    Certamente il buono lo prendiamo dove sta (kindle), ma in questo caso ancora fatico a trovarlo. Mi pare più un ricatto che una scelta. Sul Faro riprenderò il discorso.

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  3. articolo carino. Complimenti massimo. Se vuoi ti aiuto con lo smartphone.

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