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IL TEMPO DI MORIRE


Stanotte avevo sonno ma non riuscivo a prenderlo, ho letto tutto il libro su Ugo Tognazzi, che naturalmente si conclude col suo trapasso, poi sono passato a Lo Straniero di Camus, tutta la parte iniziale, col funerale della madre, e di colpo ho capito: sono un gran vigliacco. Parlo sempre della morte, ma non l'ho ancora elaborata, come dicono gli psicanalisti per dire farsene una ragione; la mia, non l'ho ancora accettata. Per esempio, rifiuto la prospettiva di farmi rinchiudere in una bara, atterrito all'assurda idea della claustrofobia. Sì alla cremazione (Céline avrebbe qualcosa da dire), possibilmente sparpagliando le ceneri nell'aria, meglio ancora sul mare, che fa tanto romantico ma, proprio per questo, letterario, quindi in buona misura irreale; no, vigliaccamente, alla donazione d'organi, perchè proprio non riesco a immaginarmi mutilato nell'aldilà, al quale non credo. Sono uno sciagurato che non si cura, noncurante nel vero senso della parola e cioè un depresso cronico incapace di reagire ai propri sfaceli, che accetta, che accoglie in posizione di resistenza passiva: l'estate scorsa sono stato bersagliato da una via crucis d'ascessi, per una infezione ovviamente trascurata, che mi hanno quasi ucciso. L'ho raccontato a Paolino Benvegnù che giustamente me ne ha dette di tutti i colori (era reduce da un infarto trascurato...). Andato via lui, altra raffica d'ascessi peggio di prima. Non l'ho ancora risolto, questo problema, è diventato endemico.

Sono ipocondriaco e insieme indifferente, o meglio ipocondriaco proprio perché indifferente, trascurato, assuefatto alle malattie vere o presunte, un olocausto volontario. Non mi faccio analisi da almeno 20 anni, e più passa il tempo e più ci rinuncio, aumentando la possibilità di trovare qualcosa che non va. E non parliamo della dieta: io semplicemente non accetto che ci si possa anche solo limitare nei veleni più gustosi, il giorno che un medico m'ingiungerà: basta, sarà quello che troverò la forza di farmi fuori. Son di quella gentaglia lì, irrazionale, insofferente, sono convinto che il regime sano non fa per me, mi farebbe subito ammalare, m'intristiscono gli ultras del radicchio, quelli che... “bio” fa rima con dio, non li capisco i cialtroni zen, quelli che dicono che incazzarsi fa male alla salute, come se uno potesse evitarlo, i salutisti sono tristi, non danno l'idea di gente in salute ma un po' rancida, l'oncologo Veronesi, quello che vuol farci morire sani dopo una vita da malati, avrà pure ragione ma non lo sopporto, è un portasfiga. Insomma, in un certo senso la morte me la cerco. Però la rifiuto. Non sono preparato. Non è che io la sfidi, non ce l'ho questo gusto decadente. Semplicemente l'accetto, molto spesso la invoco, ma non sono ancora riuscito a venirne a capo. Mi lascio sfasciare progressivamente. Da sempre, fin da bambino, mi sento vecchio e insieme acerbo, immaturo; adesso, in vista dei 50, con la mia età comincio a fare pace: però quella vissuta, non l'altra che (forse) mi aspetta. Ed è tutto un forse, un piccolo immenso maledetto forse, con un'unica certezza in fondo. Per la quale non sono ancora pronto. E continuo a sbagliare, a farmi male, a capirlo dopo. Domenica l'altra pareva estate, siamo usciti in Vespa, io leggerissimo come un liceale all'ultimo giorno di scuola, mia moglie giustamente equipaggiata: ma dove vai così, sembri un palombaro, la prendevo in giro. È arrivato il temporale, mi ha inzuppato e dopo ero uno straccio. Sdraiato sul letto, con la cervicale che faceva gli straordinari, mi sono sgridato stupendomi: ma io ho quasi 50 anni, non le posso fare 'ste cose, che poi mi ci vuole una settimana a rimettermi. E ad averlo capito come sempre un acquazzone dopo anziché uno prima, mi sarei dato dei pugni in testa. Dopo è scoppiata l'estate, io ho fatto il giovane andando in Vespa con la camicia sbottonata come nella pubblicità del Denim e alla sera non riuscivo più a muovermi.

Commenti

  1. è vero, bisogna decidere se si vuole alimentare il proprio desiderio di morire o quello di vivere....
    ....morire per non vivere...
    ....o vivere per morire bene...

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  2. avrei voluto scriverlo io, ma non lo averi saputo fare altrettanto bene, condivido parola per parola

    gassa

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  3. il voler , a tutti i costi , smanettare in maglietta sulle nostre motorette gai e giulivi come arzilli 47enni (appunto) : e' tipico di chi e' convinto di non aver consumato, vissuto per intero la propria gioiosa giovinezza; nulla di grave in fondo.
    almeno io penso sia cosi'.
    Vp

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